«Il caro gas? Non vorrei sembrarle presuntuoso ma ha sentito il ministro Roberto Cingolani? Ha appena suggerito di aprire dei pozzi che sono già stati perforati. Bene noi di Federpetroli lo proponiamo da anni». Non appena gli parli dei rincari in bolletta il presidente di Federpetroli Michele Marsiglia si trasforma in un fiume in piena. «L'Italia - spiega in questa intervista a Il Giornale - è piena di pozzi di gas e petrolio già perforati, ma tappati in attesa delle concessioni indispensabili per la produzione. Quei pozzi si trovano in tutte le regioni, isole comprese, metterli in funzione non comporterebbe alcun impatto ambientale. Se lo facessimo soddisferemmo il 45% del nostro fabbisogno energetico».
Ma allora perchè continuiamo a tenerli chiusi?
«Non lo chieda a noi. lo chieda ai politici. Non appena Cingolani ha messo sul tavolo quella proposta è stato subito attaccato. Peraltro il presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha definito il gas una componente fondamentale per il mix energetico italiano. Quindi il controsenso è evidente. L'Europa ci chiede usare il nostro gas, ma noi preferiamo acquistarlo altrove».
Qual'è il modo migliore per fermare il caro bollette? Draghi sta adottando politiche corrette?
«Il presidente Draghi sta facendo un ottimo lavoro, però toccare gli oneri di sistema nella speranza di calmierare i prezzi dell'energia equivale a curarsi con l'aspirina. Si calma il dolore, ma non si risolve il male. In Italia va definita una strategia energetica. Avviare la transizione energetica in mancanza di fonti alternative a quelle fossili è un suicidio. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, i prezzi si impennano e si rischia lo stallo energetico».
La transizione energetica voluta dall' Ue è una scelta avventata?
«La politica energetica indicata dalla Commissione non è chiara e questo genera prezzi fuori controllo. Ma non solo. Un transizione affrettata rischia persino di generare maggior inquinamento. Il nostro governo per evitare lo stallo energetico ha appena chiesto la riapertura di due centrali a La Spezia e a Gorizia che vanno a carbone. E questo non è certo il massimo in tema di sostenibilità. Nel Mediterraneo c'è tanto gas e l'Eni ha scoperto un pozzo importantissimo davanti alle coste dell'Egitto».
Com'è mai ci troviamo in questa situazione?
«Gran parte del fatturato delle aziende italiane è fatto con l'estero. Le nostre aziende preferiscono lavorare e vendere a chi ha politiche energetiche libere, politiche non condizionate da fattori politici».
In Libia il rinvio delle elezioni e il ritorno delle milizie sta bloccando nuovamente la produzione dell'Eni.
«Finché non c'è stabilità è difficile investire, ma l'Italia deve guardare al futuro.
C'è una parte dell'industria energetica libica che va completamente ristrutturata: E ci sono tre quarti della Libia ancora da esplorare. Quindi gli investimenti libici restano importanti per il futuro delle nostre aziende».
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