Li chiamavano «pocket money», buoni da due euro e mezzo al giorno che venivano distribuiti ai profughi nei centri d'accoglienza per coprire le piccole spese. I buoni potevano essere spesi solo in negozi convenzionati. Dopo anni di speculazioni, nel 2014 finalmente il ministero dell'Interno si è accorto delle ruberie emerse in Calabria e in Campania e li ha trasformati in contante. Nel frattempo però qualcuno ha fatto in tempo ad accumulare una piccola fortuna grazie a giri di compravendita in nero. Come quello scoperto l'anno scorso dalla guardia di finanza e dalla Procura di Napoli che ha portato in cella un imprenditore del sociale con una lunga militanza nella Caritas, Alfonso De Martino, e la moglie Rosa Carnevale, gestori di una serie di centri di accoglienza in Campania attraverso l'associazione «Un'ala di riserva». La vicenda fece scalpore nella scorsa primavera, tanto da spingere l'Anac di Raffaele Cantone ad accendere un faro sulle modalità di assegnazione degli appalti al terzo settore in Campania. Della vicenda, almeno a livello nazionale, non si è più parlato, ma nel frattempo l'inchiesta si è parecchio allargata, facendo emergere presunte complicità istituzionali. Filone su cui si sta ancora indagando, mentre per la coppia finita in manette il 14 aprile partirà il processo.Secondo l'accusa, la coppia avrebbe lucrato sui fondi destinati ai migranti appropriandosi dei pocket money, gonfiando i numeri degli ospiti delle strutture, fatturando spese inverosimili da oltre 100mila euro per frutti di mare destinati ai migranti, il tutto per un totale di due milioni e mezzo. Il legale della coppia, l'avvocato Maurizio Messuri, obietta che la cifra che ha retto al vaglio del Gip è di molto inferiore, circa 180.000 euro. A destare scalpore è anche il modo in cui è stato investito il bottino: terreni, appartamenti e perfino una spesa di 5.700 euro per comprare 37 biglietti per la partita Napoli-Chelsea di Champions league disputata nel 2012. L'accusa elenca anche investimenti per immobile a Milano (152mila euro), un immobile a Pozzuoli (100mila euro) l'affitto di un bar a Pozzuoli (15mila euro), schede per ricariche telefoniche (733 mila euro). Dettaglio importante perché De Martino avrebbe convertito in contante i pocket money girandoli all'edicola della moglie in cambio di schede telefoniche, un meccanismo credibile, perché i migranti spesso li usano per telefonare a casa. Se non fosse per il fatto che 582.000 buoni cambiati tutti nelle edicole della moglie hanno destato qualche sospetto. De Martino si sarebbe creato anche interessi in Montenegro, dove risultava lavorasse in un casinò a Budva. L'avvocato Messuri ha contestato punto su punto i conti della Procura e sostenuto che si trattasse di una sorta di anticipazione ai migranti, ammettendo solo che le edicole trattenevano il 5% del valore. Valuterà il giudice.Resta il fatto che, dopo Mafia Capitale,il caso Mineo e le tante altre indagini in giro per l'Italia, un'altra storia di «generosa» accoglienza ai migranti mostra un lato oscuro. Tanto più che un centro di accoglienza nel casertano gestito da «Un'ala di riserva», poche settimane dopo gli arresti venne chiuso perché secondo un'altra inchiesta i profughi ci conducevano «un regime di vita abitualmente doloroso e avvilente».
Si ridurrebbe tutto a una banale storia di avidità, se non fosse che l'inchiesta si è ora allargata a un giro di denaro ancora più vasto, facendo sorgere ombre sul ruolo della Caritas (indagato anche un sacerdote, don Vincenzo Federico) e della Regione, con due funzionari indagati. Difficile che, al di là dei soldi spariti, nessuno si accorgesse di cosa succedeva in quei centri di accoglienza. Anche tra i politici.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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