Istanbul, esplosione vicino al metrò Il sindaco: «È stata una bomba»

Terrore nel cuore di Istanbul. Alle 17.30 di martedì la più importante città turca è stata scossa da un'esplosione. Almeno cinque le persone rimaste ferite nella deflagrazione nei pressi della fermata della metropolitana Bayrampasa, situata nell'omonimo quartiere centrale. La metro di Istanbul non si sviluppa solo sottoterra e a Bayrampasa i treni circolano in superficie. Apparso alla televisione, il sindaco del distretto, Atilla Aydiner, ha spiegato che uno dei vagoni è stato investito dallo scoppio di una bomba artigianale situata presso un cavalcavia ferroviario. Poco prima altre fonti avevano indicato nello scoppio di un trasformatore la causa dell'incidente, mentre secondo il canale televisivo privato Ntv l'obiettivo della bomba non sarebbe stato il metrò ma un mezzo della polizia turca: alcuni agenti erano passati dal punto dell'esplosione istanti prima. Più tardi il governatore di Istanbul, Vasip Sahin, non ha confermato le parole del sindaco, limitandosi ad affermare che la causa della deflagrazione non era stata ancora stabilita e che le indagini erano ancora in corso.Differenze di poco conto per gli abitanti dell'antica Bisanzio, oggi una metropoli da 14 milioni di abitanti, sconvolta per l'accaduto. La circolazione della metropolitana è stata interrotta e l'intero quartiere si è bloccato per l'arrivo delle forze dell'ordine e dei mezzi di soccorso. Almeno cinque i camion dei pompieri giunti nei pressi del cavalcavia per aiutare i passeggeri della metropolitana investita dall'esplosione e con i vetri in frantumi. La parola passa adesso agli investigatori che dovranno stabilire le cause dell'incidente. Da mesi la tensione politica in Turchia è molto alta e l'ipotesi attentato non farebbe che portarla alle stelle. Sul fronte domestico il governo del primo ministro Ahmet Davutoglu, braccio destro del presidente islamico moderato Recepp Tayyip Erdogan, è contestato da una buona parte della minoranza curda (il 20% della popolazione turca, ossia 14 milioni di persone) che vede proprio nell'esecutivo il responsabile politico della morte, sabato scorso, di Tahir Elci. Presidente dell'ordine degli avvocati a Dyarbakir, nel sud-est del Paese, Elci era un attivista dei diritti umani favorevole ad una soluzione pacifica del conflitto che oppone lo Stato turco al Partito dei lavoratori del Kurdistan (il Pkk). Da quando Erdogan si è unito alla coalizione internazionale che combatte l'Isis in Irak e in Siria, il Pkk è invece diventato l'oggetto di una dura caccia all'uomo dell'esercito di Ankara. Erdogan e Davutoglu hanno giocato la carta della repressione del terrorismo per tornare a vincere le elezioni un mese fa. Anche sul fronte internazionale il governo a trazione islamica è sottoposto a pesanti pressioni.

L'abbattimento di un jet russo da parte dei turchi sul confine siriano ha messo a dura prova le relazioni con la Federazione Russa il cui presidente, Vladimir Putin, ha accusato Erdogan di non essere davvero impegnato nella lotta contro l'estremismo islamico ma, al contrario, di essersi messo in affari con il Califfo al-Baghdadi per il commercio del petrolio.

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