Istanbul nel Medioevo. "Ragazze è finita, vi rimetteremo il velo"

Squadracce di "barbuti" minacciano chi non veste islamico. E c'è chi è già preda di guerra

Il premier turco Binali Yildrim
Il premier turco Binali Yildrim

E l'altra metà del mondo? Semplice, è scomparsa, ammutolita, atterrita. Parliamo della Turchia e delle sue donne. I resoconti da Istanbul e da Ankara riferiscono di un universo femminile cancellato dalle strade, rinchiuso nelle case. Sopravvivono solo quelle che neppure prima si vedevano. Quelle coperte di nero da testa a piedi. Quelle che da anni accettavano - per forza o per convinzione - quel ritorno al velo incoraggiato dai governi di Recep Tayyp Erdogan. Ma ora rischia d'esser peggio. E non solo per gli insulti, per le minacce che - secondo le testimonianze diffuse via twitter - le squadracce di «barbuti» - impegnate a battere le città - proferiscono all'indirizzo di quante girano a testa scoperta o con una gonna troppo corta. Per tutte l'avvertimento è uno solo: «Ancora poco e tutto cambierà». Ad annunciare pubblicamente la svolta ci pensa il gruppo religioso filo governativo Ismailaga. In un decreto appena diffuso ordina a tutte le donne di «stare a casa a pregare» lasciando agli uomini il compito di vigilare sulle strade e difendere il governo. Il cambiamento o l'arretramento oscurantista - sembra insomma già nell'aria. Eppure cambierà solo l'apparenza, solo l'esteriorità. Perché in questi 14 anni dominati da Erdogan e dal suo partito l'essenza della Turchia di Ataturk è già stata stravolta.

La scomparsa delle donne è solo lo specchio di quella scomparsa dell'universo femminile dalla vita pubblica imposto da un governo composto all'85 per cento da politici di sesso maschile. L'immagine di un paese dove 43 città non contano più una sola donna all'interno delle proprie amministrazioni. Il riflesso di una nazione dove la donna rischia di venir considerata, come nei territori dell'Isis, schiava o preda di guerra. «Le proprietà e le mogli dei golpisti bastardi ed infedeli ripeteva sabato Veysel Taskin, dirigente di una squadra di calcio vicina al presidente - sono preda di guerra». Un concetto espresso con uguale barbarie nel video in cui un poliziotto, saputo da un militare prigioniero che la figlia lo aspetta a casa, gli punta il manganello sul viso e gli urla «Bene allora andrò a sc...».

In questo caleidoscopio dell'oscurantismo ben s'inseriscono - dopo le purghe di esercito, polizia e magistratura - quelle contro il mondo della scuola e dell'università. L'ultima vittima eccellente è il rettore dell'Università di Gazi ad Ankara, Suleyman Buyukberber, arrestato ieri dopo essere stato rimosso dal suo incarico. Un arresto che segue la sospensione di 95 membri del personale docente dell'Università statale di Istanbul e dei rettori di altre quattro università turche da parte del Consiglio per l'alta educazione (Yok).Intanto l'intero apparato della giustizia militare è sotto osservazione. Il ministero della Difesa ha avviato un'indagine su tutti i giudici e procuratori militari, sospendendone per ora 262. In questo mascroscopico smantellamento dello stato di diritto diventa assolutamente scontato - e quasi risibile - il blocco del sito di Wikileaks.

Il sito - come ampiamente annunciato - ha reso pubbliche 300mila email provenienti dagli archivi dell'Akp, il partito di Erdogan, che interessano il periodo dal 10 giugno 2010 allo scorso 6 luglio. Ma i turchi per ora possono farne anche a meno. Quelle mail - comunque vada - difficilmente conterranno segreti peggiori della realtà di queste ore.

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