Juncker ancora irritato col premier italiano: il presidente di turno non può attaccare la Commissione

RomaForse Jean-Claude Juncker si riferiva proprio al dato sull'evasione fiscale recuperata in Italia quando ha detto che se l'esame della manovra fosse stata pertinenza unica degli euroburocrati, la legge di Stabilità doveva essere bocciata.

Il ministero dell'Economia ha diffuso ieri una nota che annunciava come il gettito recuperato dalla lotta all'evasione fiscale sia cresciuto nei primi nove mesi dell'anno del 14,5%. E che da gennaio a settembre, grazie all'attività di accertamento e controllo, sono entrati nelle casse dell'Erario 760 milioni.

Se l'azione di lotta all'evasione dovesse avere, su base annua (2014), lo stesso trend rilevato nei primi nove mesi, il gettito complessivo di quest'anno supererebbe di poco il miliardo di euro.

Si tratta di un valore pari a meno di un terzo del gettito atteso nel 2015. La legge di Stabilità prevede che il prossimo anno nelle casse dello Stato entrino, alla voce lotta all'evasione, 3,4 miliardi. E, guarda caso, proprio su questa voce i tecnici di Bruxelles hanno espresso più di qualche perplessità.

Il loro ragionamento è lineare. Delle due, l'una. O il governo italiano conta di arrivare a quei valori (triplicare in dodici mesi gli incassi della lotta all'evasione è cosa rara) grazie a un condono fiscale, legato al rientro dei capitali. Oppure, la cifra è «gonfiata» per far quadrare i conti.

Nel primo caso, quel gettito - comunque - non potrebbe essere utilizzato né per coprire nuove spese, né per ridurre il deficit. Per la contabilità europea, il gettito da condoni fiscali (comunque si chiamino: sanatorie, concordati, altro) è calcolato come entrata una tantum. Quindi, non spendibile.

Nel secondo caso, si tratterebbe di un ulteriore appesantimento del deficit; per di più non contabilizzato come tale.

Da qualunque parte si voglia interpretare il dato, i tecnici europei non distoglieranno il faro sui conti pubblici italiani. Soprattutto, dopo le polemiche - tutt'altro che sopite - tra Juncker e Renzi. Da notare, poi, uno strano gioco del calendario. La Commissione Ue completerà l'esame della manovra verso la fine di questo mese. Esattamente in coincidenza dell'approdo della legge di Stabilità nell'aula di Montecitorio.

Il presidente della Commissione sarebbe particolarmente indispettito con il premier italiano. Si sarebbe atteso che il presidente di turno dell'Unione non criticasse così platealmente le strutture della Commissione. Così ieri s'è tolto qualche altro sassolino dalle scarpe.

Ha annunciato che il piano europeo di investimenti per 300 miliardi verrà discusso nel Consiglio europeo di dicembre. Ma al tempo stesso ha rivelato che, contestualmente al piano, presenterà anche un nuovo progetto di governance europea, che sarà frutto del lavoro preparatorio svolto da Draghi (Bce), Tusk (presidente del Consiglio Ue) e Dijsselbloem.

Nelle passworld europee «un nuovo progetto di governance » può dire due cose.

Una riforma del Fiscal Compact in chiave orientata alla crescita e meno al rigore (e Renzi avrebbe vinto la partita). Oppure, più verosimilmente, un ulteriore trasferimento di sovranità dagli Stati membri alla Commissione.

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