Finora era andato tutto troppo bene, sui mercati. La Borsa e lo spread non avevano subito grossi scossoni, salvo quelli correlati agli umori di Wall Street o agli annunci dei banchieri centrali. Fino a ieri le elezioni italiane, alle quali mancano ormai solo 10 giorni, non avevano interessato i mercati. Come se questi non le calcolassero, ovvero considerassero i sondaggi del tutto ininfluenti rispetto all'economia o ai conti delle società. Fino a ieri.
Poi all'improvviso ha parlato Jean-Claude Juncker, il presidente lussemburghese della Commissione Ue. Uno che, per rendere l'Europa simpatica ai suoi cittadini, peggio non poteva essere scelto. Ebbene Juncker ha deciso di parlare delle elezioni italiane e da Bruxelles, in occasione di una conferenza, ha detto: «Dobbiamo prepararci per lo scenario peggiore e il peggior scenario potrebbe essere nessun governo operativo». Aggiungendo poi che i risultati delle elezioni in Italia, insieme con altri elementi di incertezza, potrebbero provocare «una forte reazione dei mercati finanziari».
Per poi chiudere con un paragone tra Italia e Germania, entrambe chiamate a un verdetto politico a inizio marzo: «Sono più preoccupato dal risultato delle elezioni in Italia che dal risultato del voto dei membri della Spd».
E questa volta, di fronte alle dichiarazioni del capo della più importante istituzione politica europea, i mercati non potevano far finta di niente. Così l'indice FtseMib della Borsa di Milano ha iniziato a perdere punti, chiudendo a -0,84%: non troppo, ma comunque peggio di tutti. Francoforte ha chiuso in pari, Parigi e Madrid positive, anche se di poco, mentre Wall Street nel pomeriggio europeo era stabilmente in rialzo, tra l'1 e l'1,5 per cento. Il dato sul fatturato industriale 2017, molto positivo, nulla ha potuto contro l'allarme Juncker.
Idem sul fronte dello spread, cioè il differenziale di rendimento tra i Btp e i Bund tedeschi, subito peggiorato a nostro danno: sulla scadenza decennale (agosto 2027) la differenza è stata di 137 punti base, in rialzo di 5 punti rispetto alla chiusura della vigilia, dopo aver sfondato anche quota 140. Un andamento che si spiega con il rischio elettorale: «Un fattore - dice un operatore - che finora era rimasto sotto traccia, ma che le parole di Juncker hanno riportato alla ribalta».
«Tranquillizzerò Juncker, i governi sono tutti operativi. I governi governano», ha replicato poco dopo il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, registrando a «Porta a Porta». Mentre Renato Brunetta, ministro dell'Economia in pectore per il centrodestra, va oltre: «Secondo tutti i sondaggi il centrodestra è nettamente in vantaggio. Lo scenario che abbiamo davanti è di un governo assolutamente operativo entro un mese dalle elezioni».
In serata Juncker, accortosi del danno prodotto (il calo del listino è costato circa 6 miliardi di capitalizzazione) corregge il tiro, utilizzando Twitter: «Il 4 marzo gli italiani andranno alle urne. Qualunque sia il risultato, sono fiducioso che avremo un governo che ci assicura che L'Italia rimanga un attore centrale in Europa».
Di sicuro, al di là della tipica toppa di fine giornata, da ieri il tema elezioni italiane diventerà un elemento di instabilità sui mercati finanziari. Una situazione ideale per le scorribande degli investitori più speculativi e pessima per i piccoli risparmiatori.
Ai quali conviene tutto sommato disinteressarsi del tema perché, come hanno insegnato la Brexit prima e l'elezione di Donald Trump poi, i mercati possono anche sbandare. Ma poi riprendono il loro corso basato esclusivamente sui fondamentali.
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