La controffensiva ucraina funziona, il segretario della Nato Jens Stoltenberg telefona a Volodomyr Zelensky e lo loda per gli «impressionanti progressi». E in Russia crescono le voci del dissenso interno a Vladimir Putin, mentre Mosca è costretta a ricordare agli Stati Uniti che l'invio di armi a Kiev «aumenta il pericolo di uno scontro militare diretto».
Il presidente russo ha firmato i decreti di annessione delle 4 regioni ucraine soggiogate con elezioni-farsa e fucili, promesso che «saranno russe per sempre», che «la situazione in quelle aree si stabilizzerà» dopo i referendum «perfettamente trasparenti, convincenti e oggettivi». Ma è costretto ad aggiustare il tiro su alcune questioni scottanti: i problemi militari da una parte e l'avversità dell'opinione pubblica russa alla mobilitazione militare dall'altra.
Per fronteggiare le difficoltà sul campo, Zar Vladimir ha promosso ieri il capo della Repubblica cecena, lo spietato e folle Ramzan Kadyrov, al grado di colonnello generale dell'esercito russo. Lo ha fatto dopo i successi dell'esercito ucraino a nord-est e sud, che hanno spinto Zelensky ad annunciare che «la liberazione della regione di Lugansk è iniziata» e ad invitare i vertici militari ad andare avanti per liberare altri territori. A Mosca servono, dunque, più falchi nei posti di comando. Quei territori «saranno ripresi», ha garantito il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, mentre l'esercito russo colpiva a sud di Kiev con droni di fabbricazione iraniana. Putin intanto ha emanato un decreto che inserisce formalmente Zaporizhzhia nella lista degli asset federali della Russia. La centrale nucleare ucraina è di proprietà della Federazione. E la preoccupazione cresce, tanto che la Ue consegna a Kiev 5 milioni di compresse di ioduro di potassio, come misura preventiva per proteggere dalle radiazioni chi vive vicino alle centrali nucleari del Paese.
Sono mosse per mostrare i muscoli, quelle di Mosca, oltre che per assicurarsi il controllo del più grande colosso nucleare d'Europa. E si consumano in un momento particolarmente complesso per il leader russo. Per tenere a bada l'opinione pubblica, sempre più ostile ai suoi piani militari, ieri Putin è stato anche costretto ad annunciare «correzioni» al decreto sulla mobilitazione parziale dei riservisti e promesso che escluderà dalla chiamata al fronte i neolaureati e gli studenti delle università private accreditate. Una retromarcia che «grazia» alcune categorie per non inimicarsele. Un bagno di realpolitik adesso che i malumori del Paese cominciano a trapelare e cresce la fronda interna dei falchi.
Il velo della propaganda di regime è stato squarciato ieri anche da Andrei Kartapolov, capo della Commissione Difesa della Duma ed ex comandante militare, che ha esortato i vertici dell'esercito di Mosca a «smetterla di mentire» sulle sconfitte in Ucraina. Il portavoce del ministero della Difesa russo Igor Konashenkov sostiene che l'esercito russo «sta tenendo le posizioni» nel settore tra Andriivka, nel Donetsk, e Kryvyj Rig, nella regione di Dnipro. Ma il deputato Kartapolov attacca: «Le persone lo sanno. La nostra gente non è stupida - dice al Moscow Times - La gente vede che non vogliamo dire loro nemmeno una parte della verità. Questo può portare a una perdita di credibilità», è l'avvertimento.
Per un avviso diretto ai vertici militaru, ce n'è un altro che il Cremlino recapita a Joe Biden. Mosca annuncia lo stato di massima allerta terroristica in Crimea, annessa arbitrariamente dalla Russia nel 2014. È il suo avviso agli Stati Uniti, recapitato da Peskov: «Le dichiarazioni del Pentagono sul possibile uso dei missili Himars da parte di Kiev, contro obiettivi in Crimea, confermano il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nel conflitto, creando una situazione molto pericolosa».
E pure l'ambasciatore russo negli Stati Uniti, Anatoly Antonov, lancia il suo avvertimento a proposito del nuovo sostegno militare in arrivo da Washington a Kiev (un pacchetto di altri 625 milioni di dollari, che comprende anche gli efficaci missili Himars): «Aumenta il pericolo di uno scontro militare diretto» tra Russia e Occidente.
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