Noam BenjaminGli aeroporti internazionali più sicuri al mondo? «Sono in Russia, in Uganda e in Israele». La tecnologia c'entra fino a un certo punto: il fattore-chiave è quello umano. Parola di Shlomo Arnoy, vicepresidente del gruppo Sdema, un'autorità nel settore dei trasporti. Ex ufficiale dello Shin Bet, l'intelligence israeliana, da oltre 13 anni Arnoy si occupa di sicurezza dei grandi sistemi. La sua expertise è tale che proprio alla Sdema è stato commissionata l'elaborazione del piano per la messa in sicurezza del Ramon International Airport, lo scalo in costruzione nei pressi di Eilat, sul Mar Rosso. Dal 2017 lo scalo di Ramon si sostituirà all'aeroporto esistente. A Harnoy il Giornale ha chiesto di spiegare cosa non ha funzionato a Bruxelles il giorno dell'attentato. «Occorre fare un passo indietro - risponde - Tre sono i compiti principali dei servizi di sicurezza aeroportuali: impedire che un aereo possa esplodere in volo perché qualcuno vi ha introdotto una bomba; assicurarsi che nessuno attacchi i passeggeri nelle zone aperte al pubblico, e cioè imbarchi e arrivi; garantire la continuità funzionale». Ognuno di questi scenari prevede misure ad hoc, «e sul primo punto l'Europa ha fatto molti sforzi». Per quanto riguarda la protezione dei terminal, «vedo la mancanza di filtri esterni». Per Harnoy la sicurezza è una scienza e l'esperto indica in quattro i tipi di minaccia per uno scalo: «Un'autobomba, l'ingresso di malintenzionati violenti, l'introduzione un bagaglio esplosivo, l'arrivo di un attentatore suicida. Questo è il caso più difficile da gestire e già nel 2011 un kamikaze aveva causato 37 morti nello scalo moscovita di Domodedovo. Per affrontare queste minacce servono filtri umani, prima e dopo gli ingressi al terminal, con agenti in divisa e in borghese». Non significa passare tutti i passeggeri al setaccio, «sarebbe impossibile: occorre però definire dei profili, cercare dei segnali. A Bruxelles i due filtri non c'erano: e non sto parlando di poliziotti o di militari ma di professionisti con un addestramento specifico. Sono sistemi di protezioni difficili da mettere in piedi, ma necessari». E l'Europa? «Da voi sono fissati con la tecnologia: costoso non vuol dire però più sicuro». Perché i controlli aeroportuali sono molto più meticolosi quando si lascia Israele che quando ci si imbarca dall'Europa per Tel Aviv? «Dipende dalla compagnia con la quale si vola: quelle europee hanno i loro standard di sicurezza, noi abbiamo i nostri», risponde.
Israele ha imparato a non lasciare nulla caso: gli stessi voli di linea sono attrezzati con un sistema laser che acceca i missili attirati dalle fonti termiche. «Male hanno fatto i belgi a chiudere l'aeroporto e a bloccare i voli», riprende Arnoy: «Lo stop alla continuità funzionale è quello che vogliono i terroristi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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