Finite le elezioni, finito l'allarme fascismo. È stato il tema che ha dominato la campagna elettorale, anche se c'entrava pochissimo con l'amministrazione delle città al voto, eppure ha monopolizzato il dibattito come se fossimo all'alba di una nuova marcia su Roma. Dal filmato-trappolone su Fratelli d'Italia, alla caccia ai «neonazisti» infiltrati anche nella Lega, alle dichiarazioni sulla shoah di Michetti, ex tesserato Dc trasformato in un nostalgico dell'olio di ricino. Ma tutto lascia supporre che il clima sia cambiato in un sol colpo, con la chiusura delle urne. Puff, svanite le camicie nere, fino a nuovo ordine. Improvvisamente diventa chiaro che parlare di un ritorno al Ventennio sia una manipolazione a fini elettorali. Ed è una evidenza testimoniata da opinionisti di chiara fama antifascista, come Paolo Mieli. L'altro giorno a La7 ha colto di sorpresa lo studio: «Com'è possibile che questo tema spunti magicamente in ogni tornata elettorale?» si è domandato l'ex direttore del Corriere della Sera, ricordando come già nel 1946 un simile trattamento era toccato ad Alcide De Gasperi, e da allora in poi «fascisti sono diventati Fanfani, Craxi, Berlusconi e persino Renzi», tutti gli avversari della sinistra postcomunista. Una analisi che ha trovato concorde Enrico Mentana, direttore del Tg di La7, rete che sull'«allarme fascismo» ci ha costruito ore e ore di talk show: «Il fascismo ha osservato, chiosando Mieli - è come il conflitto d'interesse di Berlusconi. Ricordate? Lo tiravano fuori solo quando il Cavaliere era al governo e spariva magicamente quando tornava all'opposizione». Quel che era incosciente anche solo pensare fino a pochi giorni fa, diventa una constatazione elementare, innocua. Dopo il voto.
Una circostanza che colpisce Guido Crosetto, che l'altro giorno si ha lasciato gli studi di Piazza Pulita perché il programma era orchestrato come «un plotone di esecuzione contro Giorgia Meloni». «Anche per questa volta il pericolo dell'insediamento di un regime nazi-fascista è scongiurato. Riemergerà con estrema gravità, nei 45/60 giorni prima della prossima scadenza elettorale. La Meloni da oggi torna ad essere una peracottara pesciaiola della Garbatella» twitta il cofondatore di Fdi. Anche Pierluigi Battista sfotte la propaganda: «Ora che il nazismo è stato sbaragliato a Romagrad vogliamo sbaragliare pure la monnezza?». Ma addirittura su Repubblica, e a firma del suo ex direttore Ezio Mauro, si prende coscienza di quel che appare lampante, ma che ha alimentato paginate sullo stesso giornale. Il chiarimento chiesto alla Meloni «non significa automaticamente evocare il pericolo di una riemersione del fascismo - scrive Mauro -. È chiaro che il dramma italiano del secolo scorso non potrà riproporsi in mezzo all'Europa delle costituzioni liberali e nel cuore dell'Occidente democratico. Nessuno lo pensa». A Repubblica forse qualcuno sì, vista la frequenza con cui compare la parola fascismo nei pezzi e titoli del quotidiano («Fondi illeciti e culto del fascismo. Il volto nero di Fratelli d'Italia», «Fascismo e Tolkien. L'educazione sentimentale di Giorgia-Calimera», due titoli a caso). Ieri scambio di tweet tra una giornalista appunto di Repubblica e la Meloni.
La prima appunta che la leader Fdi, alla Camera per sentire la ministra Lamorgese sugli scontri di Roma, è «vestita interamente di nero». Le risponde la Meloni: «È blu. Interamente vestita di blu. Quanto vi piace la mistificazione».
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