Ma Draghi? Non c'è, non parla, non fa passare nemmeno uno spiffero in questa domenica elettorale. Non si è visto dopo l'ultimo decreto, non è apparso in conferenza stampa, non ha commentato il positivo debutto del green pass per il lavoro, non si è fatto sentire dopo la manifestazione della Cgil. «Il presidente del Consiglio parlerà mercoledì alle Camere, nelle sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 21 e 22. Stop. La linea di Palazzo Chigi, alla fine, è sempre la stessa, lavorare in silenzio al programma ed evitare qualunque cosa che possa far «salire la tensione e la conflittualità interna». Al di là dei ricaschi delle amministrative, si apre infatti una settimana piuttosto complicata, che comincerà domani con il d-day di Luciana Lamorgese davanti al Parlamento. La copertura del governo, almeno per il momento, è data per scontata. Riuscirà però il ministro a tenere botta? O Draghi dovrà inventarsi qualcosa per difenderla?
La responsabile del Viminale si presenterà dunque domani alle 14 a Montecitorio e alle 16,30 a Palazzo Madama. Leggerà la sua informativa sugli scontri della settimana scorsa a Roma, quando gli estremisti hanno assediato la cittadella istituzionale, e sarà sottoposta a una specie di processo. Giorgia Meloni, ma anche Matteo Salvini, hanno già più volte chiesto il suo scalpo. Come se la caverà? Proteste e scontri di piazza ci saranno sempre, si fa notare, e forse sono pure destinati ad aumentare, a cronicizzarsi come i gilet gialli francesi. L'importante è avere le idee chiare sul come contenerli. Magari il Viminale dovrà aggiustare un po' il tiro, rivedere qualche atteggiamento, però è difficile che in questa fase si possa ipotizzate un cambio della guardia.
E inoltre, c'è da risolvere il caso Forza Nuova. Mercoledì inizierà, prima al Senato e poi alla Camera, la discussione sulle mozioni del centrosinistra, che chiede lo scioglimento del movimento di estrema destra e delle altre formazioni che si richiamano al fascismo. Si prevede altra tensione in aula.
Turbolenze politiche che Draghi vuole tenere lontane dal governo: perché si discute di fascismo quando qui dobbiamo ancora completare la lotta al Covid e portare a casa i miliardi europei? Al di là dell'aspetto lunare della questione, il premier è comunque ben consapevole che la lite continua tra i due poli della sua maggioranza potrebbe rallentare la marcia dell'esecutivo, in un periodo assai delicato del percorso delle riforme, a pochi giorni dalla manovra. Per questo, d'accordo con il Quirinale con cui la comunicazione è «costante», la strategia scelta da Palazzo Chigi è quella della «massima cautela».
Vale per l'azione di governo: basso profilo e nessuna enfasi sui successi. E vale pure per la grana Forza Nuova. Draghi per ora non vuole intervenire, intende aspettare che prima si pronunci la magistratura. Un decreto governativo potrebbe essere considerato una forzatura. Meglio allora tenersi alla larga e concentrarsi sui dossier veramente importanti.
La legge di bilancio da spedire a Bruxelles, le riforme collegate al piano di rinascita da completare, le crisi industriali da fronteggiare. Non sarà una passeggiata, soprattutto quando si dovranno fare delle scelte sul fisco e la previdenza. Dal reddito di cittadinanza a quota cento, si prevede mare mosso.
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