Una crepa rischia di aprirsi nel governo di unità nazionale, o quasi, sul tema dell'immigrazione che diventerà caldissimo in estate. Il Viminale si attende ondate di migranti nei mesi di luglio e agosto, ma nonostante l'emergenza annunciata il ministro dell'interno, Luciana Lamorgese, non ottiene nulla dall'Europa ed è sulla difensiva con le Ong del mare, che puntano alla riscossa.
La convocazione di venerdì al Viminale dei talebani dell'accoglienza, che sembravano dettare legge al ministro, ha aperto definitivamente la crepa. Il primo siluro è arrivato dal leader della Lega, Matteo Salvini, poi seguito dal suo uomo al ministero, il sottosegretario all'Interno Nicola Molteni. «Se le parole d'ordine che escono dall'incontro al Viminale sono più dialogo e collaborazione con le Ong, non le condivido - ha dichiarato - Mi sarei aspettato ben altro: rispetto delle regole e delle leggi, visto che le Ong nel Mediterraneo fanno quello che vogliono». Se agli irriducibili dell'accoglienza non verrà imposto un codice di condotta, come ha fatto la Grecia, potrebbero schierare una flotta di una decina di navi per recuperare l'onda di migranti prevista per l'estate (almeno 65mila arrivi, la metà, circa dalla Libia).
Un'altra bordata, che allarga la crepa in vista del braccio di ferro estivo sui migranti, è arrivata dal presidente dimissionario del Copasir, il comitato di controllo dei servizi segreti. Raffaele Volpi ha prima condiviso la linea del ministro delle Difesa, Lorenzo Guerini del Pd e pure del responsabile grillino degli Esteri, Luigi Di Maio, reduce da una missione a Tripoli. Entrambi puntano a tamponare i flussi migratori in Libia e nel Sahel. «Individuo però una divergenza significativa e difficilmente comprensibile con le politiche di un altro primario Ministro, centrale sugli eventi migratori, che nel contempo intraprende iniziative che individuano interlocutori non compatibili, per certi aspetti, con indirizzi condivisi di fermezza e reciprocità». Il riferimento è a Lamorgese e al debole incontro con le Ong, ma dietro le quinte bolle molto altro.
Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, non intende infilarsi nella trappola della «dialettica politica sulla Libia» fanno sapere da Palazzo Chigi. Però il premier ha una visione pragmatica e punta sulla linea di appoggio al nuovo governo libico, non solo da parte dell'Italia, ma di tutta l'Unione europea. Lunedì arriva a Roma il capo del governo unitario di Tripoli, Abdul Hamid Al Dbeibah, che affronterà questo tema con Draghi. A sua volta il premier italiano solleciterà con forza nel prossimo Consiglio d'Europa di giugno un piano per fermare l'immigrazione. Il nocciolo centrale è un «nuovo accordo di partenariato con la Libia» che coinvolga direttamente la Ue. I punti indispensabili sono tre: il primo è la firma di un accordo sulla falsa riga del vecchio patto di Berlusconi con Gheddafi del 2008. Il secondo è concentrarsi, come ha confermato Di Maio da Tripoli, sul controllo della porta d'ingresso dei migranti, la frontiera libica meridionale. Ai tempi di Berlusconi era previsto un progetto di sorveglianza elettronica realizzato dall'allora Finmeccanica, che dovrebbe venire riesumato dall'Europa assieme alla rifondazione della polizia di frontiera libica nel Sud. Il terzo punto, che fa imbestialire le Ong ed i loro amici di sinistra nel governo, è la ripresa a pieno ritmo di addestramento, appoggio logistico e aiuto finanziario alla Guardia costiera libica, che dall'inizio di gennaio ha intercettato in mare e riportato indietro quasi 10mila migranti.
Lamorgese sembra ancora ferma a improbabili riedizioni degli accordi di Malta, che hanno portato al fallimento della redistribuzione dei migranti. E soprattutto non vuole mostrare i muscoli con le Ong, che sono sempre più baldanzose. La responsabile del Viminale lo sta dimostrando anche sul fronte terrestre piegandosi alla sospensione delle riammissioni in Slovenia dei migranti che arrivano dalla rotta balcanica.
Se Lamorgese
continuerà a fare l'equilibrista fra Lega, Pd e le Ong provocando di fatto uno stallo nel contrasto all'immigrazione illegale, come dimostrano i numeri (14.054 fino a venerdì), la crepa nel governo si allargherà sempre più.
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