Ma insomma, neanche è partita Giorgia Meloni che già è in ritardo: entro il 20 ottobre l'Italia deve spedire la legge di bilancio a Bruxelles, peccato però che la seduta inaugurale del Parlamento sia prevista per il 13 ottobre, che il 17 inizieranno le consultazioni al Quirinale e che, se tutto andrà liscio, il nuovo governo non potrà giurare prima del 24-25. La Meloni è ancora nella fase delle congratulazioni. Le ha scritto anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che si augura «di continuare la proficua collaborazione con l'Italia». «Conta sul nostro leale sostegno» risponde lei.
E già deve inseguire l'agenda europea. Chi farà i compiti per l'Europa? Lei? Mario Draghi? «Scriviamo la legge di bilancio insieme a lui», propone Guido Crosetto. FdI spera in un lavoro «a quattro mani», il presidente del Consiglio una di mano sarebbe disposto a darla, soprattutto se glielo chiederà Sergio Mattarella. Ma fino a un certo punto: se sta per lasciare Palazzo Chigi, è proprio perché i partiti non gli hanno lasciato fare la manovra che serviva al Paese. Quindi, come ha precisato il ministro Franco, la Finanziaria non tocca a noi.
Draghi comunque è sereno, ogni tanto la notte ha persino ripreso a portare a spasso il cane. Infatti è Giorgia, alle prese con la prima montagna da scalare, ad avere bisogno di lui, non il contrario. La Ue, i mercati, gli Usa: l'ombrello di Super Mario farebbe davvero comodo. Del resto è la prima volta che si vota a settembre ed è la prima volta che il cambio della guardia avviene nel pieno della sessione di bilancio. Diplomazie al lavoro per un passaggio di consegne veloce e soft. I meloniani contano sul fatto «che ci sia un impianto su cui lavorare per redigere la Finanziaria».
E la chiamano transizione. Qualcuno ipotizza addirittura la formazione di una squadra di raccordo tra il gabinetto uscente e quello entrante, ipotesi che a Palazzo Chigi non trova conferma. L'unica informazione che esce dall'esecutivo riguarda la presentazione forse già domani del Nadef, la nota di aggiornamento del documento economico. Si tratterebbe tuttavia della «sola fotografia della situazione». Toccherà al prossimo governo approfondire, valutare, programmare le spese e i tagli. In poche parole, chi ha vinto le elezioni dovrà prendersi le sue responsabilità.
Poi certo il clima è «disteso e costruttivo». Draghi e Meloni, almeno ufficialmente, non si sono ancora sentiti però si confronteranno presto anche perché, come non manca di sottolineare il Colle, non c'e tempo da perdere. L'energia, le bollette, la guerra, il Covid, il Pnrr, il lavoro: nonostante una crescita del tre per cento realizzata dal governo, l'Italia resta in bilico. Il capo dello Stato, che accelererà al massimo le consultazioni, vuole che il Paese venga messo in fretta in sicurezza.
In ogni caso da Bruxelles fanno sapere che la scadenza per presentare la legge di bilancio non è poi così perentoria. «Si sono verificati diverse situazioni in cui uno Stato membro non aveva un governo in carica nella pienezza dei suoi poteri per illustrare il Dpb». In questi casi il Paese interessato può presentare una bozza e ottenere più tempo dalla Commissione.
E intanto, riferisce il capogruppo al Luca Ciriani, «Giorgia sta approfondendo
i dossier più importanti». La Meloni starebbe studiando una manovra, dicono, «molto draghiana», rassicurante per gli investitori internazionali. Tra le priorità il taglio delle bollette e un intervento sul cuneo fiscale.
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