L'ultimo attacco ai test mentali ai magistrati, a poche ore dal decreto che dovrebbe farli diventare legge, viene da Giuseppe Santalucia, presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Per il sindacato delle toghe quella che si prepara oggi pomeriggio si annuncia come una sconfitta epocale: sottoporre i giudici - come i poliziotti, i pompieri, i militari etc - a una verifica psicoattitudinale per l'Anm è un attacco all'indipendenza dei giudici. Così ieri Santalucia torna all'attacco affermando che l'introduzione dei test «diventa un proclama contro i magistrati, per far pensare che hanno bisogno di essere controllati dal punto di vista psichico o psichiatrico».
Ma ormai il dato è tratto, o quasi. Il testo finale del decreto legge sulla nomina e la valutazione dei magistrati è stato limato fino a ieri sera ma - assicurano dal ministero della Giustizia - solo per «perfezionare» il testo. In consiglio dei ministri ci sarà una discussione vivace, al punto che fonti interne al governo dicono ieri all'Adnkronos «il testo arriva, poi vedremo se troveremo la quadra per chiudere». Salvo sorprese però la filosofia è destinata a restare immutata: una volta superati gli esami scritti e orali, gli aspiranti magistrati dovranno sottoporsi ai test. Solo chi supererà anche questa prova potrà entrare nei ranghi della giustizia.
Oggi pomeriggio il Consiglio dei ministri è chiamato a dare il via libera all'intero pacchetto presentato dal ministro Carlo Nordio. Quello sui test mentali è certamente il passaggio più delicato, anche perché non era contenuto nella legge delega voluta dal ministro precedente Marta Cartabia, ed è stato introdotto solo su richiesta delle commissioni Giustizia di Camera e Senato. Tema delicato e divisivo: lo dimostra quanto accade ieri pomeriggio, quando Michele Carbone, membro laico del Consiglio superiore della magistratura, lancia un appello alla presidenza del Csm perché intervenga per fermare la nuova norma, i test violerebbero addirittura la Costituzione secondo cui «l'unico criterio di accesso alla magistratura professionale è quello tecnico». Il problema è che Carbone, un ex deputato Pd bocciato alle ultime elezioni, attualmente fa parte di Italia Viva, che invece ha appoggiato fortemente la norma sui test. La dichiarazione di Carbone crea sconcerto nel partito di Renzi, che alla fine fa sapere che si tratta di una «posizione personale». Ma che fa capire quanto il partito delle toghe sia traversale e combattivo.
La dura resistenza che il pacchetto di Nordio sta incontrando sembra provata anche dall'ammorbidimento di altri due articoli, anch'essi invisi alla «minoranza rumorosa» che guida la magistratura. Il primo è quello sul fascicolo personale del magistrato, dove dovrebbero confluire tutti i suoi provvedimenti, eventuali anomalie comprese, destinati a condizionare le sue richieste di carriera. Nel testo che arriva oggi a Palazzo Chigi si prevede che non ci siano tutti i provvedimenti ma solo un campionario: una scelta spiegata con motivi tecnici («impossibile implementare tutto») ma che potrebbe salvare il magistrato dalla scoperta di suoi svarioni anche importanti.
L'altro punto su cui le aspettative del fronte garantista sono andate in parte deluse è sulla riduzione del numero dei magistrati fuori ruolo, ovvero prestati a ministeri e altri organi esterni. La riduzione sarà solo da 200 a 180, entrerà in vigore solo tra due anni, e chi è già fuori ruolo adesso non vedrà ridursi il tempo massimo.
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