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L'assassino di Niccolò ora piange in cella I suoi amici già liberi

Rasul Bisultanov è un lottatore ed ex militare: «Che cosa orribile ho fatto...»

L'assassino di Niccolò ora piange in cella I suoi amici già liberi

Roberto Pellegrino

Madrid Rasul Bisultanov ha trascorso la terza notte nel carcere di Girona, dopo la piena confessione fatta al magistrato. «Ho fatto una cosa orribile», ha detto con la voce spezzata dal pianto e le mani sul volto, secondo quanto riferisce la polizia carceraria. Lui, il 24enne ceceno, il bestione alto e robusto, ex militare che, per un futile diverbio, sulla pista della discoteca St. Trop (chiusa dal magistrato per carenza di sicurezza), con un calcio violento ha messo fine alla vita di Niccolò Ciatti, 22 anni, sabato notte, ora si scioglie in lacrime come un bimbo. Ripete che vuole tornare a Strasburgo dai suoi genitori, che sono «anziani e malati». Chiuso in isolamento, è sorvegliato a vista, per paura che, questa volta, usino su di lui la stessa violenza che ha usato su un suo coetaneo, un ragazzo come lui in vacanza. Le guardie l'hanno sentito piangere più volte di notte: rischia una condanna a 15 anni, forse a 20 se il giudice applicasse l'aggravante dei futili motivi. Che ci sono tutti: una spinta innocente di Niccolò e la reazione bestiale di Rasul con una scarica di pugni e quel calcio da esperto di arti marziali.

Intanto il magistrato, dopo averli trattenuti 48 ore, ha rilasciato i due amici di Rasul, K.K, 20 anni e M.M., 26 che sono già rientrati a Strasburgo. Per le autorità spagnole i due ventenni non hanno alcuna complicità nel delitto. Sono stati loro a confessare al magistrato di essere ex militari, spiegando però che il loro amico Rasul, la «montagna di muscoli», non è un violento abituale: quella notte aveva bevuto molto ed era impasticcato di anfetamine. Come è la normalità tra i ventenni a Loret de Mar. Anche il preparatore atletico di Mma di Rasul, (arti marziali miste dove si fa uso di pugni, calci, gomitate e ginocchiate), da Strasburgo lo descrive come «un non violento che non causava problemi». Rasul, come dimostra la brutalità del pestaggio e i suoi video di combattimenti agonistici su Facebook, a 17-18 anni potrebbe aver fatto parte delle milizie dell'Emirato caucasico durante il secondo conflitto ceceno, terminato con la sanguinosa vittoria di Grozny. Molti ex militari, tra cui lui, nemici del governo ceceno, da qualche anno sono scappati con le famiglie in Europa per chiedere l'asilo politico, timorosi di rappresaglie. Sulle sue pagine social foto delle guerra in Cecenia si mescolano con immagini di combattimenti in palestra. «Si muovevano come dei combattenti, si vedeva che conoscevano le arti marziali» raccontano alcuni testimoni.

E mentre si ricostruisce il profilo di Rasul, il bestione ora in lacrime, ci sono le lacrime di un padre, Luigi Ciatti, al cui dolore per l'uccisione del figlio si è aggiunto il rammarico per il rilascio dei due ceceni. Un padre ancora incredulo davanti a tanta crudeltà vomitata sul figlio, «il gigante buono», come lo chiamava la fidanzata Ilaria. «Niccolò voleva una casa, ora devo comprargli una tomba» e aggiunge «sarò a tutte le udienze, voglio vedere quelle bestie in faccia», ripete l'uomo che stringe in mano i pantaloni che il figlio indossava quella maledetta notte. Li ha riportati da Barcellona, dopo un viaggio interminabile di tredici ore. Non trovano pace Luigi e la moglie Cinzia, abbracciati dal calore del sindaco e degli abitanti di Scandicci.

Attendono l'arrivo della salma del figlio che hanno visto per pochi attimi nell'obitorio dell'ospedale di Girona.

È probabile che la bara arrivi venerdì, dopo il sollecito del ministro degli Esteri Alfano. Luigi, come un mantra, ripete: «Possibile che me l'hanno ammazzato così? Davanti a tutti che riprendevano col telefonino e senza che nessuno intervenisse?».

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