Garantire una maggiore funzionalità degli enti di previdenza con un'adeguata distribuzione delle competenze. È questo l'obiettivo che si è dato il governo Meloni che, nel Consiglio dei ministri di giovedì scorso, ha approvato il decreto Enti che porterà al commissariamento di Inps e Inail. La norma uniforma la durata degli incarichi (quattro anni) per tutti gli organi di vertice, eliminando ogni disallineamento. Si attribuisce al presidente il potere di proporre al cda la nomina del direttore generale, «dotato di specifica competenza ed esperienza gestionale». In precedenza, tale designazione spettava a un decreto del presidente della Repubblica su proposta del ministro del Lavoro. Viene, inoltre, abolita la figura del vicepresidente. Nella fase transitoria, decadranno i cda e i vertici in carica e gli enti saranno commissariati per adeguare gli statuti alle nuove disposizioni.
Dunque per Pasquale Tridico, presidente dell'Inps, e Paolo Bettoni, presidente dell'Inail, il mandato può considerarsi concluso rispettivamente con qualche settimana e mese di anticipo rispetto alla scadenza naturale. È ovvio che quando un esecutivo vara questo tipo di norme intende anche garantire che l'indirizzo politico delle due istituzioni pubbliche principali nell'ambito della previdenza e dell'assicurazione infortuni segua quello di Palazzo Chigi. Tanto più se si pensa che Tridico è legato a doppio filo con il mondo Cinque stelle, è uno dei principali sostenitori del reddito di cittadinanza nella sua formulazione originaria ed è anche in odore di candidatura pentastellata per le Europee 2024. Ora che il sussidio grillino è stato cambiato con il decreto Lavoro e che si intende invogliare i disoccupati a impiegarsi, la musica deve necessariamente cambiare.
Per la carica di presidente in pole position ci sarebbe l'esperto di previdenza Alberto Brambilla, attualmente consigliere del ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. A Via XX Settembre si discute anche di Gabriele Fava, politicamente vicino al ministro. Per la direzione generale Inps potrebbe esserci il ritorno di Mauro Nori, ora capo di gabinetto del ministro del Lavoro Calderone. Anche Concetta Ferrari, già direttore generale della previdenza al ministero del Lavoro e attualmente segretario generale della ministra, è un nominativo preso in considerazione.
Ovviamente, in una fase politica e geopolitica come quella attuale, questo intervento (unitamente alla norma che sblocca la nomina dell'ad Rai Fuortes al Teatro San Carlo di Napoli) ha suscitato le critiche delle opposizione che, effettivamente, perdono il controllo di uno dei gangli vitali dell'apparato pubblico (l'ente responsabile dell'erogazione delle pensioni e dei sussidi di disoccupazione) oltre a quello della principale industria culturale del Paese. Ecco perché non si può non notare lo «smarcamento» del segretario Cisl, Luigi Sbarra, che ancora una volta ha scelto un atteggiamento dialogante. «I commissariamenti rientrano nelle prerogative di un governo», ha commentato aggiungendo che poteva essere l'occasione per reintrodurre «la rappresentanza delle parti sociali nei cda oggi confinata nei consigli di indirizzo e vigilanza».
Dalla sinistra, invece, un unanime coro di critiche. La Cgil ha definito «grave e pericoloso» il commissariamento, un «ennesimo atto unilaterale con cui il governo punta al controllo politico dei due enti, una forzatura inaccettabile, compiuta senza alcun confronto con chi rappresenta lavoratori, e pensionati». Il governo «si spartisce il potere a colpi di decreto», ha chiosato il capogruppo al senato del Pd, Francesco Boccia.
Per i Cinque stelle è una «sconcertante la bulimia di potere, una scelta grave, che non trova giustificazioni visti gli importanti risultati che l'operato dei presidenti Pasquale Tridico e Franco Bettoni ha permesso di raggiungere ai due istituti». Ma è una storia vecchia: se si ha sulla giacca il distintivo della sinistra illuminata, equa e solidale, anche la più bieca lottizzazione è valorizzazione del merito.
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