Leadership debole e "caso Turingia": l'erede di Merkel rinuncia alle elezioni

Terremoto politico nella Cdu: Annegret Kramp-Karrenbauer lascia la guida del partito e non correrà per diventare cancelliera

Leadership debole e "caso Turingia": l'erede di Merkel rinuncia alle elezioni

Berlino A tirare un sospiro di sollievo, per una volta, sono stati i dirigenti della Spd. Fra tonfi elettorali, dimissioni a catena dei leader del partito, e un tira e molla senza fine sul restare o meno nella coalizione di governo con Angela Merkel, per mesi i socialdemocratici hanno dato una pessima immagine di se. Questa volta, invece, il malessere è tutto della Cdu: lunedì mattina Annegret Kramp-Karrenbauer, la donna alla quale Angela Merkel ha consegnato il partito cristiano democratico a dicembre 2018, si è dimessa dalla presidenza della Cdu, rinunciando ai propri piani di diventare la prossima cancelliera federale. Crolla così il piano per una transizione morbida dopo il lungo regno di Frau Merkel destinato a chiudersi, al più tardi, alla fine cioè di questa legislatura nell'autunno del 2021. Con le sue dimissioni, Akk ha preso atto della crisi della sua leadership culminata la settimana scorsa con il piccole «golpe» di Erfurt. Nella capitale della Turingia i parlamentari regionali della Cdu hanno votato un candidato governatore assieme ai sovranisti di AfD, rompendo il cordone sanitario steso attorno all'ultradestra su indicazione proprio di Merkel e Akk. Prima dei fatti di Erfurt, Akk si era fatta notare anche per due brutte gaffe con il mondo lgbt tedesco, e per essersi fatta prendere a pesci in faccia da un giovane Youtuber dopo alcune uscite improvvide della leader moderata su come si forma l'opinione pubblica sui social media. Nominata ministra della Difesa, Akk ha proposto la creazione di zone di sicurezza in Siria sotto controllo Nato per la protezione dei civili. Una proposta non preventivamente concordata, fu il lapidario commento degli alleati socialdemocratici. Passi falsi conditi da una serie di sconfitte elettorali a livello regionale: la serie nera era già iniziata sotto Merkel ma il fardello era orami sulle spalle di Akk.

Il suo passo indietro è stato applaudito dalla destra interna del partito, speranzosa che il prossimo leader du corregga la rotta centrista imposta dalla cancelliera alla Cdu negli ultimi 14 anni. Le dimissioni di Akk non sono però immediate: la 57enne ministra della Difesa ha annunciato che condurrà il partito almeno fino alla prossima estate, il tempo cioè necessario per individuare la persona in grado di guidare la balena bianca tedesca. La sfida non è da poco: in tanti si dicono più conservatori di Merkel, a cominciare dal suo storico rivale Friedrich Merz che ha già cominciato ad affilare le armi. In verità nessuno sa come riportare la Cdu a destra, non tanto per allearsi con AfD quanto per riportare a casa quegli elettori che il partito sovranista ha strappato ai moderati nell'ultimo lustro. Fra i principali papabili leader della Cdu, la continuità con Merkel sembra prevalere: Merz, cavallo di razza del partito, è un europeista filo atlantico noto solo per avere chiesto in passato la riforma del sistema fiscale. Armin Laschet, attuale premier del Nord Reno-Vestfalia, è un centrista cattolico della stessa scuderia della cancelliera. Interessato alla guida del paese c'è anche Marcus Söder: governatore della Baviera e leader della Csu (costola bavarese della Csu), Söder è a favore sì dell'esposizione dei crocefissi nei luoghi pubblici ma ha anche lavorato a una piattaforma ecologista da fare invidia ai Verdi tedeschi.

La destra del partito non critica la cancelliera né per la svolta energetica né per le nozze gay: la vera rottura imposta da Merkel al partito è stata l'accoglienza in Germania di oltre un milione di profughi mediorientali fra il 2015 e il 2016, per la gioia degli xenofobi di AfD. Il dibattuto ripartirà da lì.

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