«La verità è che, al momento, Enrico sta pensando solo a se stesso e a come vincere il suo collegio di Siena. L'importante è che a rimetterci non sia tutto il partito». Le parole di un'autorevole parlamentare del Pd segnalano una preoccupazione assai diffusa nelle file del partito: quella che l'idillio del segretario dem con Giuseppe Conte, che si sta spingendo fino al punto di regalargli uno dei pochissimi collegi sicuri rimasti al centrosinistra (quello di Roma1, se lasciato libero da Gualtieri), si riveli un temibile boomerang politico.
Perché «è chiaro che la strategia di Conte, con i sondaggi che danno M5s in caduta libera attorno al 12%, sia quella di provare a pescare voti nel centrosinistra», osserva il parlamentare siciliano Fausto Raciti. «E visto che quelli di Leu li ha già in tasca punterà sull'elettorato Pd. La nostra strategia, però, dovrebbe tenerne conto, per evitarlo».
Ma così, temono in molti, il rischio è di regalarglieli: già i sondaggi segnalano che Conte, omaggiato e lusingato come Grande Timoniere dai dem (ricordate l'ultimatum «O Conte o elezioni» che ha, con lungimiranza, preceduto di poco la nomina di Draghi?) è un leader più gradito agli elettori dem del loro stesso segretario. Già le entusiastiche congratulazioni di Letta per la «elezione» (è arrivato primo su uno) di Giuseppi a capo grillino hanno fatto storcere la bocca a molti. Se poi gli si fa pure gentile omaggio del collegio più appetitoso della Capitale, in cambio di un cauto endorsement al candidato sindaco dem Gualtieri (una volta sepolta la Raggi con il ballottaggio), perché gli elettori dovrebbero poi tornare alla casa madre?
«Conte candidato a Roma Centro? È tutta da vedere: intanto bisogna prima vincere a Roma...», dice un esponente di Base riformista, la corrente super-draghiana (e molto critica sull'«inseguimento» dei grillini) capeggiata dal ministro Lorenzo Guerini. Solo l'elezione di Gualtieri a sindaco, infatti, potrebbe liberare il collegio sicuro cui punta Conte (che invece si è ben guardato dal candidarsi in quello, già disponibile, di Primavalle, doveva rischiava una clamorosa sconfitta), e quindi l'ex premier è assai interessato ad aiutare il candidato dem, anche contro la «sua» Virginia.
Per Letta, portare a casa in ottobre una vittoria Roma (insieme a quelle di Napoli e Milano, e al collegio di Siena) sarebbe un risultato ottimo, che rafforzerebbe la sua leadership nel Pd. Il segretario sa bene che, senza Roma, partirebbe presto il tam tam del congresso, e che a bordo campo già si scaldano candidati alternativi come l'emiliano Stefano Bonaccini (o, con assai meno chance, il nostalgico post-Pci Provenzano). Ma un altor timore si affaccia tra i dem: che, una volta incassato un buon risultato in ottobre, Letta si faccia tentare ancora da Conte e lo segua anche sulla strada delle elezioni anticipate, che Giuseppi vorrebbe ottenere quanto prima per rifare i gruppi (molto ridotti) a sua immagine e somiglianza.
Un obiettivo totalmente condiviso anche dal segretario dem, che ha ereditato una compagine parlamentare che risale all'era renziana e non vede l'ora di liberarsene.Ma sul voto anticipato sia Conte che Letta rischiano di ritrovarsi fieramente contro i loro stessi partiti: «Il Pd è tutto per concludere la legislatura con il governo Draghi», taglia corto un membro dell'esecutivo.
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