C'è un magistrato in corsa per un posto di prestigio, nonostante qualche guaio giudiziario a rischio prescrizione. Ma c'è un libro che può offuscarne l'immagine. È una vicenda simbolica del disastro giustizia quella ben raccontata nel libro L'uso ingiusto della Giustizia, edito da Libeccio, una intraprendente casa editrice toscana. A scriverlo è Antonio G. d'Errico (militante dei Radicali, scrittore di successo già biografo di Marco Pannella) e vanta la prefazione di Rita Bernardini. Che nella prefazione cita un articolo di Luca Fazzo del Giornale sulle «150mila persone che ogni anno vanno a processo e vengono assolte, sorte che dall'avvento del nuovo codice è già toccata ad oltre 5 milioni di persone», invitando a votare i referendum sulla giustizia «per richiamare le forze politiche alle loro responsabilità verso i cittadini». Il libro, che negli ultimi mesi sembra aver tolto il sonno a questo magistrato (di cui non si fa mai il nome), racconta la storia di alcuni personaggi illustri di una città del centro Italia, finiti dal nulla nel tritacarne della giustizia e usciti innocenti ma niente affatto indenni. C'è il colonnello dei carabinieri che non si capacita delle ispezioni contro un ristoratore perfettamente in regola, che finirà indagato (assieme allo stesso ufficiale) per reati rivelatesi inesistenti e costretto a chiudere il suo storico locale. C'è il comandante delle guardie carcerarie che finisce nei guai per presunti abusi su una multa per essere passato col rosso e che dopo il suo calvario giudiziario ha deciso di lasciare ogni incarico. C'è l'imprenditore nel settore del camping, costretto a fermarsi per diversi anni a fronte di una serie di ispezioni senza fondamento. Il filo rosso che lega queste storie è un unico magistrato, che ha deciso di perseguire reati che, secondo i giudici, non andavano neanche contestati.
«Mandare innocenti in carcere mette in serio pericolo i principi stessi della nostra democrazia, l'azione penale può divenire devastante se
il grande potere attribuito in Italia ai pm diviene smisurato e sconsiderato, tanto più se esercitato nei confronti di persone più disarmate perché innocenti», avverte la Bernardini. La risposta a questa deriva è in 5 Sì.
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