L'ira della madre di Rigopiano: aggredito il sindaco-imputato

Pugni dalla mamma di una delle 29 vittime dell'hotel di Farindola: «Hai firmato la condanna a morte di mio figlio»

L'ira della madre di Rigopiano: aggredito il sindaco-imputato

L'ex sindaco di Farindola (Pescara), Massimiliano Giancaterino, ieri mattina è stato aggredito mentre era al bar del tribunale di Pescara, durante una pausa della seconda udienza preliminare sulla tragedia all'Hotel Rigopiano.

Pausa concessa in maniera assurda per permettere alle 11 in quell'aula lo svolgimento di un altro processo. L'ex primo cittadino, che compare come imputato, è stato aggredito alle spalle, mentre stava prendendo un caffè, da Maria Perilli, madre di Stefano Feniello, una delle 29 vittime. La donna ha preso a pugni Giancaterino, che poi è caduto a terra, urlandogli: «Hai firmato la condanna a morte di mio figlio». Sono subito intervenute le forze dell'ordine e poi il personale del 118, che hanno assistito l'uomo, dimesso con 10 giorni prognosi. E Giancaterino ha annunciato una querela. «Era al bar allegramente, quando è stato lui a firmare la condanna a morte di mio figlio e allora l'ho preso a pugni», ha spiegato la donna. «Lui è il doppio di me - ha aggiunto - quindi potete immaginare il male che gli ho fatto. È stato lui a firmare i primi documenti per l'ampliamento dell'albergo e ha dato la possibilità, da quel momento, di essere aperto anche durante l'inverno, non solo d'estate, quindi ha condannato a morte Stefano». Dopo l'episodio l'udienza è stata rinviata al 25 ottobre.

«Prendo atto di quanto accaduto e vorrei richiamare tutti i presenti, rivolgendomi soprattutto al pubblico, sulla consapevolezza - ha sottolineato il procuratore capo Massimiliano Serpi - che in un processo delicato e complicato come questo deve esserci anche la consapevolezza che è indispensabile un clima di serenità perché le procedure possano proseguire in tempi celeri». Ma i legali delle parti civili protestano per la sospensione, che ha poi portato imputati e famiglie delle vittime a ritrovarsi insieme. «L'aula è stata impegnata alle 11 per un altro procedimento che, in base a quanto ci hanno detto, per ragioni tecniche doveva essere celebrata per forza in quell'aula - tuona l'avvocato Romolo Reboa, che difende con altri legali quattro famiglie delle 29 vittime -. L'unica cosa che posso dire è no comment. Mi auguro che sia stato un errore organizzativo. È la prima volta in 40 anni che mi capita che un'aula di un maxi processo, dopo l'appello con 150 avvocati e 30 persone offese venga sgomberata.

E, beffa nella beffa, due giorni fa Alessio Feniello, 57 anni, è comparso in tribunale a Pescara per la «multa al dolore», tutta Italia l'ha ribattezzata così. Aveva violato i sigilli della zona rossa per portare un mazzo di fiori sul quel che restava dell'hotel Rigopiano, dov'era morto suo figlio Stefano, 28 anni.

E domani tornerà in aula come vittima, per l'udienza preliminare del processo. Era stato condannato a una multa di 4.550 euro davanti alla quale aveva fatto opposizione, chiedendo di essere giudicato. «Mi diano la pena più dura ma non pagherò un centesimo», ha detto. TPa

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