«Si può dire serenamente che il lodo Conte bis presenta problemi di legittimità costituzionale». E dunque, anche Giovanni Guzzetta, docente di Diritto costituzionale all'Università Tor Vergata, pensa che il compromesso sulla prescrizione sia una violazione di diritti: «Vengono violati il principio di ragionevolezza e il principio di non colpevolezza fino al terzo grado di giudizio. Si fa differenza fra assolti e condannati in primo grado. Inoltre non abbiamo neppure un testo e il nome del lodo è già il primo equivoco».
E infatti il lodo Conte non è quello di Giuseppe (il premier), ma di Federico (il deputato di Leu). E la soluzione è da emicrania costituzionale. Ce la spiega?
«La prescrizione continua correre per gli assolti in primo grado e si blocca per i condannati, ma poi si recupera se in appello si è scagionati... Ripeto. Si confondono i piani: processuale e sostanziale. La prescrizione si disinteressa dell'esito del processo e di innocenza o colpevolezza. Per questo è irragionevole differenziarla a seconda del destino provvisorio dell'imputato».
A Palazzo Chigi si prova a separare il primo grado dal secondo così come a Los Alamos si provava a separare l'atomo.
«Un imputato condannato in primo grado e assolto nel secondo subirebbe una disparità di trattamento rispetto all'imputato prima assolto e poi condannato. Un imputato è invece presunto innocente fino al terzo grado e non per gradi».
Non per il ministro Bonafede. La prescrizione è descritta come un tranello per malandrini anziché come un principio di civiltà.
«Gli ordinamenti civili cercano un bilanciamento tra il dovere di punire e il diritto del cittadino a non rimanere indagato in eterno».
È «l'aberrazione del processo infinito» di cui ieri ha scritto la professoressa Ginevra Cerrini Feroni sul Giornale.
«Spesso si trascurano i danni extra penali. Essere sotto processo è per l'imputato, e per la comunità, un costo. È l'infamia del processo - per l'innocente - che si traduce nella perdita di credibilità, di lavoro e di salute, nel vedersi sbattuto sui giornali. Anche per questo nasce l'istituto della prescrizione».
Perché è nata la riforma che la blocca e sta facendo collassare il diritto?
«Perché conta l'ideologia. I tempi della prescrizione erano stati già allungati. Non serve questo ulteriore blocco. Inoltre allungare la prescrizione significa allungare i processi all'infinito. La prassi ci insegna già che più lunga è la prescrizione più dura il processo, perché ogni tribunale cerca di perseguire quei reati che rischiano di prescriversi prima».
Siamo ne Il diritto penale totale (Laterza) di cui parla Filippo Sgubbi ovvero punire senza legge, senza verità, senza colpa?
«Purtroppo c'è la convinzione che si debba solo
fare giustizia, ma la peggiore ingiustizia sta nel non decidere. Si cerca un compromesso dove non è possibile: o si persegue senza limite calpestando il diritto o si sceglie di rimanere nel diritto. L'alternativa è secca».
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