Ci mancava soltanto Antonio di Pietro sulla scena del populismo italiano. È ricomparsa all'improvviso la sigla Italia dei Valori sulla spaccatura dei 5 Stelle e l'ex pm di Mani Pulite ha ricordato che Gianroberto Casaleggio fu colui che lo introdusse ai segreti del digitale e dei social. Ed ecco pronta l'offerta di collaborazione ai dissidenti guidati dal figlio Davide Casaleggio e Alessandro Di Battista. Un particolare marginale, se si guarda al terremoto politico e istituzionale che si è messo in movimento con la nascita del governo Draghi. Eppure, una notizia che potrebbe pesare in un futuro non troppo lontano, vista la velocità con la quale tutto si muove.
Pensate in che epoca viviamo: cerchiamo vaccini, ma non ci mettiamo ancora d'accordo sull'origine del virus cinese, sfuggito ai primi di novembre 2019 da un laboratorio di Wuhan. Complotto, nonostante oggi in tutti i maggiori Paesi occidentali (ora anche nell'Università di Amburgo in Germania) circolino dossier che smentiscono l'Oms e spiegano come può essere successo e lo stesso presidente Biden mostri di essere perfettamente cosciente della guerra che è stata portata contro l'Occidente. Supercomplotto anche l'incarico a Draghi? Una regia pluto-giudaico-massonica europea e americana contro le libertà degli italiani? A leggere il Fatto Quotidiano, ci siamo vicini e questo giornale, altrettanto velocemente, sta assumendo il ruolo di portavoce dell'opposizione al Governo Draghi.
Per questo motivo, credo sia utile rispondere alla domanda ironica del suo direttore Marco Travaglio: «Perché è caduto Conte?». La sua ricostruzione è analitica, ma paradossale: elenca tutti i temi principali dell'azione del secondo governo Conte, sostenendo che quello attuale può comportarsi ugualmente, se non peggio. Dunque, perché è caduto? La risposta sembra semplice: il secondo governo Conte ha pagato la crisi del Movimento 5 Stelle, che è ben visibile oggi, ma è in atto, con grande evidenza, fin dall'agosto del 2019. Il Movimento arrivò alla fine del primo governo Conte già ampiamente logorato e snaturato, rispetto agli impegni presi con gli elettori. La convivenza forzata con la Lega e Salvini avevano già scavato in profondità e lo stesso Di Maio si aggrappò al nuovo incarico di ministro degli Esteri come ad una zattera di salvataggio, per compensare la perdita di una leadership fino a quel momento indiscussa. «Gigino ci ha portato al governo» era stato uno slogan vincente, ma presto era diventato una critica.
Altrettanto confusi e in crisi di identità erano già all'epoca i Dem che, sotto la guida Zingaretti, avevano persino pensato di andare alle elezioni come male minore, con un accordo tiepido con Salvini, ma Renzi prese tutti d'anticipo e convinse una maggioranza al fronte comune per scongiurare una sconfitta elettorale e si disse allora- mantenere senza cambi il Parlamento e decidere il nuovo presidente della Repubblica prima della fine della legislatura. Convinti che la profonda crisi di identità di 5 Stelle e Pd viene da lontano, da quell'agosto?
Andiamo avanti, sollecitando la memoria: arriva la pandemia e, giusto un anno fa, si scopre a Codogno il paziente Uno. Ho davanti ai miei occhi, mentre scrivo, la prima pagina della Stampa di Torino. La riassumo: il titolo grande d'apertura dice: «Governo, Renzi apre alla destra» e il sommario: «Serve un esecutivo istituzionale. E rilancia l'ipotesi Draghi. Gelo di Conte. Meloni: non è credibile». Siamo al 20 febbraio 2020 e nella stessa pagina compare una grande foto a colori di un ospedale di emergenza di Wuhan con la didascalia: «La mail che inchioda il regime di Pechino: Medici, sul Coronavirus dovete tacere».
La memoria è un'arma molto importante, che noi trascuriamo pensando di poterla recuperare su Internet, ma anche distruggiamo perché questo ci permette di poter ricostruire gli avvenimenti con un ordine diverso. E invece sappiamo che il governo Conte, già un anno fa, viveva precariamente poggiando la maggioranza su due forze (5 Stelle e Pd) in confusione di identità, con una richiesta di crisi e di cambiamento - esattamente nella direzione imboccata oggi - avanzata dallo stesso Renzi, decisivo nei numeri, che aveva fortemente voluto il Conte 2 con Beppe Grillo.
Ma torniamo al governo Draghi, proposto come soluzione dal presidente della Repubblica, nel pieno di una crisi insolubile scoppiata sulla giustizia. Mentre Renzi proponeva questa soluzione «a sinistra», è necessario sottolineare che Silvio Berlusconi ha proposto per primo nel centrodestra un governo istituzionale, per uscire dalla pandemia. Il leader di Forza Italia, pur mantenendo sempre l'unità del centrodestra, non ha mai allentato i rapporti con il Ppe e con la maggioranza che governa in Europa. Questo atteggiamento ha favorito il rientro della Lega e di Salvini all'interno di un perimetro istituzionale che, oltre a rafforzare la posizione di un'Italia unita contro la pandemia, arriverà senza scontri alla scadenza dell'elezione del presidente della Repubblica il prossimo febbraio e poi alla scadenza elettorale. Il governo Draghi ha fatto deflegrare la crisi latente nel Movimento 5 Stelle, con il paradosso che i grillini difensori dei valori originari (discutibili, ma quelli erano) sono espulsi da Grillo, Crimi e Di Maio, le stelle del governo. È un paradosso che porterà forse ad una nuova formazione in Parlamento (ecco che c'azzecca Di Pietro), ma probabilmente a una guerriglia da parte di quelle forze della magistratura che, all'improvviso, si sentiranno abbandonate, guidate dal quotidiano di Travaglio.
Draghi non deve temere i partiti che si curano le ferite, ma queste forze improprie, che hanno sistematicamente avversato i governi «disobbedienti», deve temerle molto. In questo senso, le prime mosse della ministra Cartabia, avocare a sé e alla riforma della giustizia penale il tema della prescrizione, sono prudenti e vanno nella direzione giusta.
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