Non si può fare a meno, se si vive a Gerusalemme, di andare alla stazione centrale degli autobus che ti riporta dal lavoro a casa: ma oggi là, in mezzo alla folla, il terrorista è in agguato col coltello. Ieri sera verso le 18 un aggressore ha ferito gravemente una donna che saliva sul numero 68, poi, in mezzo alle urla al panico, è stato fermato mentre sull'autobus cercava di colpire altre vittime. E non si può fare a meno neppure di capitare alla porta di Damasco: ma qui è stato per miracolo evitata un'altra pugnalata. O di prendere un autobus, ma vi è stato trovato un coltello. La gente di Gerusalemme seguita a soffrire l'assedio. Tuttavia ieri ha un po' rallentato la mattanza. Gli attacchi sono stati fino al momento in cui scriviamo tre, senza morti israeliani e l'uccisione dei due terroristi, in tre punti disparati e distanti della città. Martedì erano stati 5, con tre morti.
La sensazione è che la relativa diminuzione degli attacchi e della loro fatalità sia dovuta al fatto che il Governo, da due giorni in riunione di gabinetto, abbia dato ordini chiari e decisi mentre si studiano ulteriori, severe misure di sicurezza. Sulla base della discussione governativa, le forze dell'ordine hanno studiato strategie, migliorato il lavoro, allargato il numero delle persone impegnate nella lotta al terrorismo con 300 soldati oltre alla polizia al massimo dello sforzo. Il primo attacco alla porta di Damasco, Citta Vecchia, è stato compiuto da un giovane che ha attaccato una guardia. Poi, su un autobus è stato sequestrato un coltello proveniente dal quartiere arabo di Shuafat e un arresto ha seguito il ritrovamento. Le misure decise dal governo e che al momento hanno un carattere di emergenza prendono di mira i quartieri da cui sono usciti i terroristi: fino ad ora i terroristi omicidi sono tutti arabi israeliani e abitano a Gerusalemme est.
La polizia ieri ha presidiato questi quartieri, chiudendone per quanto possibile le uscite. Il primo quartiere le cui strade sono state punteggiate da barriere di cemento è quello di Jabel Mukaber, da cui sono usciti i tre terroristi che hanno compiuto i due attacchi mortali di martedì. Si è deciso di non risparmiare la distruzione di case dei terroristi, di togliere loro la cittadinanza, di mettere guardie su tutti i mezzi pubblici. Su tutti i social media palestinese prevale di gran lunga la pazzesca bugia che i giovani palestinesi uccisi siano stati semplicemente attirati in una trappola omicida da Israele, bravi ragazzi che volevano solo «salvare la Moschea di Al Aqsa» mentre i leader non riescono a dire una parola buona dopo tanti anni di insegnamento dell'odio. Netanyahu ha rinnovato il suo invito a Abu Mazen a sedersi «senza precondizioni e a intraprendere una trattativa per quanto difficile possa essere»; ha anche promesso uno sforzo titanico per fermare il terrore. Ma Ban Ki Moon intanto dichiarava che la reazione di Israele all'attacco del terrore è sproporzionata. E che altro doveva dire l'ONU, che non dice una parola sulle stragi quotidiane sui confini di Israele stesso. Intanto John Kerry- che sta lavorando dietro le quinte per un vertice ad Amman con Netanyahu e Abu Mazen -ha lanciato l'idea che i palestinesi compiano atti di terrore a causa «della grande crescita degli insediamenti che si è avuta negli ultimi anni». Ipotesi strana, dato che i terroristi stessi vedono il motore nella Moschea di Al Aqsa.
Di fatto si nota che le guerre di religione sono il massimo motore di stragi da queste parti, ma per Israele non vale. Anche dando un'occhiata ai dati, mentre nel suo anno da primo ministro Ehud Barak costruì 5000 case, Sharon 1881, Olmert 1774, le case di Bibi sono 1554, meno di quelle di qualsiasi altro Primo Ministro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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