La Polonia promossa con riserva dall'Unione Europea. Il piano di ripresa e resilienza presentato da Varsavia viene tenuto in ghiaccio dalla Commissione che inizierà ad erogare i fondi solo quando il governo polacco avrà raggiunto interamente gli obiettivi contenuti nelle "clausole di salvaguardia" sull'indipendenza della magistratura.
Si tratta di un contenzioso simile a quello ingaggiato tra l'Ue e l'Ungheria sui pericoli della violazione dello stato di diritto e sul possibile impatto economico negativo che potrebbe avere sui bilanci europei. Ed è anche un revival del rapporto a dir poco burrascoso che l'Unione ha per anni intrattenuto con la leadership conservatrice polacca. Un rapporto normalizzato negli ultimi mesi dopo l'inizio della guerra in Ucraina, con la posizione dei polacchi fondamentale sia nel contrasto alla Russia che nell'accoglienza dei rifugiati (oltre 2 milioni).
Quando si torna a parlare di soldi, però, riemergono anche le magagne. Da Bruxelles hanno specificato che i 36 miliardi totali richiesti dalla Polonia (24 in sovvenzioni e 12 in prestiti a tasso agevolato) verranno erogati se è solo se, entro il secondo trimestre del 2022 (quindi entro giugno), il governo polacco concluderà con successo "la riforma del regime disciplinare dei giudici" e "la revisione" dei procedimenti ai giudici colpiti dalle sentenze della controversa Sezione disciplinare della Corte Suprema.
Il commissario all'Economia Paolo Gentilini ha specificato: "Naturalmente siamo fiduciosi che se nostro piano verrà approvato dal Consiglio, questi impegni saranno rispettati. Ma ovviamente, non mancheremo di monitorare seriamente che gli adempimenti vengano rispettati".
Il semaforo giallo dall'Europa è arrivato appena poche ore prima della visita della presidente della Commissione Ursula von der Leyen a Varsavia (arriverà oggi) per formalizzare l'approvazione del piano. Un gesto che, seppur con paletti, ha ugualmente indispettito molti eurodeputati e alti funzionari da sempre oltranzisti nei confronti dei conservatori polacchi e del Pis (Diritto e Giustizia).
Non sarebbe sufficiente dunque, secondo molti, il passo avanti fatto la scorsa settimana dalla Sejm, la Camera bassa, che con 231 voti a favore e 208 contrari aveva abrogato la camera disciplinare voluta dal Ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro e accusata di voler "punire" magistratura e avvocati nel 2018 dall’attuale “superministro alla Giustizia” .
Ma le condizioni imposte da Bruxelles sono almeno 3. La prima prevede che i membri di questa "camera per la responsabilità professionale" non debbano essere scelti direttamente dal Consiglio nazionale della magistratura (Krs) bensì dal presidente chiamato a scegliere tra una rosa di 33 nomi sorteggiati. A garanzia del processo, i cittadini potranno avvalersi anche di una verifica delle credenziali dei giudici assegnati a tutte le cause in corso nei tribunali di tutto il paese.
Il secondo punto si basa sul reintegro di tutti i magistrati puniti dalla Camera disciplinare. Il terzo, una riforma della giustizia che rispetti alla lettera le indicazioni contenute in una sentenza della Corte di giustizia europea del 15 luglio 2021.
Le recenti modifiche all'impianto giuridico, insomma, che pure dovranno essere approvate anche dalla Camera Alta, non sono ancora sufficienti ad ottenere l'assegno da Bruxelles. Le evoluzioni di questo percorso verranno monitorate di continuo e valutare con cadenza trimestrale. Per la Polonia, che tornerà al voto tra meno di un anno e mezzo, ottenere i fondi sarà indispensabile.
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