Se dovesse vincere il Sì bisognerà fare i complimenti al creativo. In gergo colui che genera spot pubblicitari, che ti spinge ad acquistare un prodotto con ogni mezzo lecito, che ti infinocchia volentieri. Più il prodotto è scadente, più lui dovrà ingegnarsi. E darsi all'arma segreta: il subliminale, come nel caso dello spot del governo per la campagna del voto al referendum costituzionale.
Un evidente assist per il Sì. Sembra ci sia poco da fare, nonostante tre settimane fa Ignazio La Russa e Giorgia Meloni abbiano presentato un ricorso al giurì per propaganda occulta. Per Fratelli d'Italia si profila, dunque, un nuovo caso Fertility Day con il Sì associato al colore bianco e a un uomo simil-Renzi in camicia bianca, e il No associato al colore nero, che richiama concetti negativi e di rabbia, associato a un uomo di colore.
«Non c'è nulla di più razzista di questo spot - protesta Ignazio La Russa che pretenderebbe l'immediata sospensione dello spot sulle dodici reti Rai - Il messaggio subliminale che lo spot suggerirebbe sarebbe quello di associare il bianco e il nero al Sì e al No, nei cui riquadri, in un facsimile della scheda elettorale, verrebbero anche apposte croci di grandezza, e quindi visibilità, diversa a seconda che si tracci la risposta affermativa o negativa. Lo spot non tratta i quesiti referendari come vengono posti sulla scheda elettorale ma li raggruppa in maniera del tutto arbitraria scindendo il messaggio e dando vita ad un testo del tutto fuorviante». Anche la chiusura dello spot che invita ad andare a votare mostrando un giovane che scruta l'orizzonte da un prato verde in montagna suggerisce come andare a votare, perché, spiega La Russa «abbina l'orizzonte al cambiamento, e quindi al Sì». Fratelli d'Italia si è quindi rivolta al Comitato di Controllo della Pubblicità, il Giurì che raduna i pubblicitari e ne autoregolamenta gli spot, per chiedere l'immediata sospensione dalle reti Rai dello spot istituzionale in quanto «palesemente ingannevole» nei confronti degli elettori. «Ci hanno provato a rispondere che non è il loro compito. Ma noi abbiamo controllato lo Statuto che impone un controllo anche sui messaggi di comunicazione a sfondo sociale, esattamente come nel caso di questo spot e li abbiamo presi con la quaglia in bocca!». «Questa campagna referendaria si sta svolgendo senza alcun rispetto delle istituzioni e con strumenti che ricordano la Corea del Nord di Kim Jong-Un», aggiunge la pugnace Giorgia Meloni.
Dal canto suo la ministra per le riforme Maria Elena Boschi continua a difendere lo spot, che «non dà alcuna indicazione sul voto a favore o contro, è meramente informativo e ha avuto il vaglio preventivo dell'Autorità garante che ha dato parere favorevole».
In onda dall'8 ottobre scorso, lo spot sulle reti Rai è già stato oggetto di attacchi ripetuti da parte dei grillini e, soprattutto, di Forza Italia.
Per l'ex ministro Renato Brunetta (che annunciò la volontà di denunciare la presidentessa della Rai, Monica Maggioni) «lo spot rappresenta una violazione della legge sulla par condicio, una domanda confezionata ad arte per invogliare a scrivere sì, un imbroglio bello e buono». Potrebbe non bastare per il colpaccio.
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