«La procedura per l'espulsione di Vito Petrocelli è partita ed entro una settimana sarà sicuramente espulso dal M5s, non votando la fiducia ha violato il regolamento», dice al Giornale un senatore pentastellato, a proposito del «caso Petrocelli», il presidente grillino della commissione Esteri a Palazzo Madama, che sarà fuori dai Cinque stelle dopo il suo no alla fiducia al governo sul decreto Ucraina. Petrocelli, soprannominato Petrov dai colleghi in Senato, aveva fatto già discutere per la sua assenza durante l'intervento video del presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Montecitorio due settimane fa. Già allora erano state intense le pressioni nei confronti del presidente del Movimento Giuseppe Conte affinché prendesse provvedimenti. Ma l'ex premier aveva ribadito che Petrocelli sarebbe rimasto al suo posto. Contemporaneamente c'era stato un pressing per farlo dimettere dalla presidenza della commissione Esteri. Ora Conte - che pure pattina su atlantismo e Ucraina in un'intervista a Repubblica - si è deciso: «Petrocelli è fuori dal M5s». Ma la questione è tutt'altro che risolta.
Il regolamento del Senato non prevede un voto di sfiducia per far dimettere un presidente di commissione, quindi le strade sono due. Una fonte parlamentare di Palazzo Madama le riassume così: «O Petrocelli si dimette dal gruppo del M5s dopo l'espulsione e passa al Misto e, dato che quella commissione tocca ai grillini, si trova un accordo per eleggere uno di loro e far lasciare Petrocelli, oppure se resta fermo al suo posto si dovrebbe sciogliere la commissione facendo dimettere tutti i senatori membri, per poi ricostituirla con un presidente del M5s». Per il successore si fa già il nome di Gianluca Ferrara, assente al voto di fiducia sul dl Ucraina perché in missione a Budapest per conto dell'Osce. Intanto i senatori sono pronti ad andare dalla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati per cercare una soluzione. Sulle dimissioni di massa e lo scioglimento della commissione c'è il precedente di Riccardo Villari, presidente della Vigilanza Rai tra il 2008 e il 2009. Il senatore Villari del Pd fu eletto dalla maggioranza di centrodestra, non rispettando la consuetudine di affidare all'opposizione la scelta della presidenza della bicamerale. Dopo due mesi e mezzo di passione i presidenti delle Camere Gianfranco Fini e Renato Schifani decisero di sciogliere la commissione e Villari perse la presidenza.
Senza un passo indietro da parte del senatore Petrov, attaccato per le sue posizioni filo-russe e filo-cinesi, grazie al precedente di Villari il Senato uscirebbe dall'impasse. E però anche l'espulsione dal M5s potrebbe nascondere delle insidie. Se Petrocelli presentasse un reclamo contro l'espulsione, dovrebbe essere giudicato in appello dal Comitato di garanzia. Organo, quest'ultimo, composto da Roberto Fico, Laura Bottici e Virginia Raggi.
Proprio l'ex sindaca negli scorsi giorni è finita nella bufera per una serie di messaggi in chat dai toni anti-Nato e in cui definiva Zelensky «eterodiretto dagli Usa». Dopo il provvedimento dei garanti, Conte o Beppe Grillo potrebbero indire una consultazione degli iscritti per annullare o confermare l'espulsione. E in quel caso non si possono escludere sorprese.
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