Macron senza pace: proteste in Francia. Ue indignata per le sue parole filo-Xi

Il leader francese contestato in patria e criticato all'estero Weber (Ppe): "Ha diviso l'Occidente e rafforzato gli autocrati"

Macron senza pace: proteste in Francia. Ue indignata per le sue parole filo-Xi

Non c'è pace per Emmanuel Macron. Né a Parigi, dove ieri sono scese di nuovo in piazza «più di un milione di persone in tutta la Francia» per protestare contro la sua riforma delle pensioni, secondo il sindacato Cgt. Né a Bruxelles. In sede europea sono saltati in trincea leader e partiti, per redarguirlo ulteriormente sulle sue interviste al rientro dalla tre giorni d'affari (francesi) a Pechino. Macron aveva infatti invitato i 27 a riposizionare l'Ue su un piano meno «vassallo» degli Stati Uniti, e a considerare Xi Jinping un partner, pur restando la Cina un «rivale sistemico». A imbracciare ieri il telefonino come un'arma è stato il N.1 del Partito popolare Manfred Weber, che su Twitter ha lanciato un durissimo j'accuse: «Le dichiarazioni di Macron hanno diviso l'Occidente e rafforzato i nostri concorrenti autocratici - ha scritto Weber - la sua è stata una falsa partenza per un dibattito invece urgente sulle relazioni dell'Europa con la Cina». Fin qui i giudizi. L'esponente tedesco del Ppe ha poi chiesto - e non da solo - un dibattito in plenaria la prossima settimana, all'Europarlamento, «per valutare i danni e trovare un modo più costruttivo di procedere». Il premier polacco Mateusz Morawiecki è stato ancor più duro: «Leader europei miopi se si rivolgono alla Cina per vendere lì più prodotti Ue a un costo geopolitico enorme, così diventiamo più dipendenti da Pechino».

Nero su bianco, un chiarimento chiesto a brutto muso dopo tre giorni di melina. D'altronde i malumori covavano nelle cancellerie Ue, ma a parte qualche dichiarazione raggelante in pochi erano venuti allo scoperto chiedendo a Macron un faccia a faccia pubblico. E se le parole hanno un peso, quando Weber parla di «danni» causati dalle parole del presidente francese non c'è da aspettarsi che la settimana prossima si faccia ricorso alla diplomazia. Né a quella del panda tanto cara a Macron, né a quella con cui la Casa Bianca aveva inizialmente smorzato le polemiche parlando (attraverso il portavoce John Kirby) di «relazioni bilaterali ottime» con Parigi. Ieri, infatti, è stato il presidente americano in persona a sganciare un missile retorico contro Parigi. Citando John F. Kennedy, nel suo discorso al Parlamento irlandese, per esaltare il sostegno del governo di Dublino all'Ucraina invasa dalle truppe russe Joe Biden ha detto: «Non siamo neutrali tra libertà e tirannia». Il suo messaggio era riferito al Cremlino e a Vladimir Putin: «Pensava che il mondo avrebbe guardato dall'altra parte, ma si sbagliava, siamo più uniti e più determinati che mai». Ma è stato inevitabile leggerlo come una frecciata al presidente francese, che dalla logica «del blocco contro blocco» si è detto pronto a sfilarsi se si fosse riproposta nell'Indo-Pacifico. Prima ancora, era stata la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock a rispondere che Taiwan «è anche una nostra crisi». Ieri ha rincarato la dose: parlando di una escalation da scacciare nello Stretto, «sarebbe lo scenario peggiore in tutto il mondo». Anche il titolare della Difesa di Berlino, Boris Pistorius, ha definito «infelice» il commento di Macron, tagliando corto: «Non abbiamo mai rischiato di diventare o di essere vassalli degli Usa». Il paradosso finale - e l'imbarazzo nello stesso campo di Macron - è che l'unico a schierarsi con la posizione dell'Eliseo è stato il leader dell'estrema sinistra francese Jean-Luc Mélenchon. «Su Taiwan, Macron ha ragione. Benvenuto nel club». La polizia a Parigi conta una trentina di fermi.

Due agenti e due manifestanti feriti e un'altra notte di cortei spontanei in stile anarchico. Oggi, sulla riforma, si esprimerà il Consiglio costituzionale. Col divieto di manifestare imposto dal ministro Gérald Darmanin. Si rischia l'arresto.

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