Malesia, crociata antisocial. Dieci anni di galera per un post contro l'islam

Nel fanatico Paese a maggioranza musulmana condanna-choc per un giovane utente di Facebook

Malesia, crociata antisocial. Dieci anni di galera per un post contro l'islam

Ai nostri occhi occidentali questa notizia potrebbe sembrare assurda, ma la libertà di espressione non vale dappertutto. E le offese alla religione possono portare a pene molto severe. In Malesia coloro che sono stati riconosciuti colpevoli di attività antireligiose possono essere puniti con una pena detentiva che va da due a cinque anni. L'uso improprio delle reti di comunicazione, invece, comporta un massimo di un anno di carcere o una multa fino a 50mila ringgit (12.200 dollari) o entrambe le misure punitive sommate. Ma quello che è successo a un uomo malese ha dell'incredibile: è stato condannato a 10 anni e 10 mesi di prigione per aver insultato l'Islam e il suo Profeta Maometto sui social media. Pare che questa sia la sentenza più severa di questo tipo nel Paese a maggioranza musulmana, dove le questioni religiose e etniche sono molto sentite. Mohamad Fuzi Harun, ispettore generale di polizia ha rilasciato una dichiarazione: la persona, identificata con il nickname di Facebook «Ayea Yea», si è dichiarata colpevole. «La polizia ha ricevuto 929 segnalazioni in tutto il paese e ha aperto 16 documenti di indagine su casi collegati all'islam che viene insultato», dice Mohamad Fuzi.

Secondo la Cnn è apparsa una dichiarazione su Bernama, l'agenzia di stampa nazionale di Stato, in cui si dice che la polizia reale della Malesia ha sporto denuncia contro altri tre titolari di account di social media per aver insultato l'islam e il profeta Maometto. Quello che è stato scritto da «Ayea Yea» non si trova. Però, dai media malesi, si apprende il nome vero dell'uomo: Alister Cogia, 22 anni. Il giovane non è solo: è uno dei quattro individui colpiti ieri dalle accuse a Kuching e Kuala Lumpur. Insieme a lui, anche «AlvinChow333» e «Danny A'antonio Jr», che si sono dichiarati non colpevoli. Mentre il terzo, Mohamad Yazid Kong Abdullah, 52 anni, titolare dell'account Facebook «Yazid Kong», si è dichiarato colpevole. Tutti e quattro sono stati accusati in base alle leggi contro la disarmonia razziale, l'incitamento e l'abuso di reti di comunicazione. Alister si è dichiarato colpevole di 10 capi di imputazione ai sensi dell'articolo 298A del codice penale e della sezione 233 del Communications and Multimedia Act (CMA) del 1998, che si occupa della pubblicazione di commenti offensivi e causa disarmonia e pregiudizio per motivi religiosi.

Secondo Andrew Khoo, un avvocato malese che si concentra sui diritti umani, questa è una situazione «senza precedenti». Infatti, «secondo quanto riportato dalla stampa, l'imputato non era rappresentato, il che di per sé è una parodia della giustizia», ha detto Khoo ad Al Jazeera.

Ma anche l'avvocato Latheefa Koya, donna e attivista per la libertà in Malesia, ha chiesto una revisione della condanna a 10 anni di carcere. In un post su Twitter, ha affermato che la sentenza emessa è sproporzionata e costituisce una violazione dello stato di diritto.

«Scioccante e senza precedenti che la corte abbia fatto passare una condanna a 10 anni di carcere per un reato come questo. Lui si è dichiarato colpevole, il che avrebbe dovuto essere preso in considerazione. Dieci anni consecutivi sono sproporzionati e devono essere rivisti».

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