Milano Non toglietegli i formaggi lombardi, per il resto cibo veloce e di qualità. Il suo vizio è il cioccolato amaro. Poi, una volta all'anno, con i componenti della band «Distretto 51», la gita sociale che rincorre i sapori delle Langhe e termina con la gara di biglie sulla spiaggia ligure. Un Roberto Maroni inedito si racconta a tavola.
Lombardia regione del gusto?
«Milano e la Lombardia hanno tutti i requisiti per essere territori al top del buon gusto, soprattutto dopo Expo. Voglio investire molto, si è fatto troppo poco. La Lombardia è innovazione e ricerca, ma è anche una regione turistica con tre f, Food, Fitness e Fashion».
Il gusto leva del turismo?
«Certo, unendo gusto del cibo e innovazione. Abbiamo aperto un dialogo, che darà presto frutti, con Airbnb che ha lanciato experience. Una modalità che può portare i turisti anche nel paesino sperduto in montagna per vivere un'esperienza unica grazie alla tipicità e alle feste dei 1.530 comuni lombardi. Eventi che non si trovano sui cataloghi dei tour operator».
Una specialità per ciascuna provincia.
«Addirittura ciascuna Valle, come il sud e il nord di Varese, tra Busto e il lago Maggiore, troviamo produzioni diverse. Dai formaggi ai vini, alla grappa rossa di Angera, ricchezze da valorizzare».
Milano nuova capitale del food?
«C'è un fermento positivo. Milano si propone come una delle nuove capitali d'Europa e non solo. L'anno scorso ha contato più turisti di Roma e attrae investitori, come accaduto con il salone del libro, voluto dagli editori. Milano, che Expo ha mostrato al mondo, meta per una giornata o una serata».
Che rapporto ha con il cibo ?
«Di frugalità. Sono per il fast food inteso come cibo di qualità da consumare anche in piedi. Non sono quello delle tre ore a tavola, non ne amo le liturgie, il cibo è qualcosa che va consumato non ossequiato. Sarò un po' un provincialotto, ma è un segno di concretezza. Il mio cibo preferito è il formaggio e i nostri sono moltissimi. Dal Grana Padano, non Parmigiano mi raccomando, al Gorgonzola che sostengo sia nato in Lombardia e non a Novara. Un piatto di formaggi con dieci scelte è il sublime piacere. Nostri e di qualità, questa è la mia raffinatezza».
Il sapore dell'infanzia?
«Il riso in bianco con burro e grana, era il nostro pranzo semplice e gustoso che preparava mia nonna materna per me e mia sorella nel retro del negozio di alimentari di mia mamma Alice a Lozza, paesino di mille anime. Erano anni di pasti frugali e di fatica, il negozio teneva aperto dalle sei del mattino alle sette di sera, domenica mattina inclusa perché dopo messa compravano il prosciutto fresco di taglio. Lozza, dove vivo oggi e dove sono vissuti i miei antenati che, secondo i registri della parrocchia, furono tutti contadini. Mio papà bancario, non banchiere, io sono quello che ha esagerato un po'».
Il profumo che ama in cucina?
«Il soffritto di cipolla, base del risotto alla milanese, l'attrazione fatale».
Ai fornelli o a tavola?
«A tavola, sicuramente. Ai fornelli in rarissime occasioni per l'unico piatto che so fare, il risotto alla milanese con il soffritto e il brodo di bollito aggiunto piano piano. Lo cucino tre volte all'anno, uno sfizio con gli amici».
Il segreto?
«Un bicchiere di Franciacorta, per un sapore unico che riconoscono solo gli intenditori, un vino al top che dona al risotto un gusto del tutto particolare».
Cosa non smetterebbe mai di mangiare?
«Formaggio, me ne frego del colesterolo e cioccolato extra fondente. Ho scoperto il Domori 100% per veri appassionati. Poltrona, luci soffuse, musica di sottofondo, fatelo scogliere lentamente in bocca. Un pezzetto vale una serata».
Il pranzo o la cena che non dimenticherà mai?
«Sono legati a persone care e alla politica. Il primo viaggio all'estero a Londra a 12 anni con una comitiva di commercianti di Varese in volo charter. Mai uscito dalla provincia, arrivo e andiamo a mangiare. Mi aspettavo riso in bianco, invece arriva una poltiglia semi liquida, un incubo. Per la politica il primo pranzo ad Arcore nel 93, prima della discesa in campo. Bossi mi mandò a sondare il terreno e capire che uomo fosse Berlusconi. Mi colpì molto lo stile, i cibi raffinati. Non era quello che ero solito mangiare. Voleva stupirmi con effetti speciali».
Il vino cosa stimola in lei?
«Pensieri birichini che, ovviamente, non posso rivelare... Il vino è tradizione, cultura e qualità, anche se produciamo meno di altre regioni puntiamo sulle nostre Doc e Docg di grande qualità. La Franciacorta, l'Oltrepo, la Valtellina con i vini Inferno e Paradiso che simbolicamente racchiudono tutto ciò che riguarda l'uomo».
Menù tradizionale o innovativo?
«Sono portato all'innovazione come la Lombardia, ma in cucina sono per la tradizione. Bene innovare, ma senza stravaganze come Davide Oldani che usa zafferano lombardo coltivato da un gruppo di ragazzi. Il suo è un risotto tradizionale ma rivisitato, artistico. La sostanza è importante, devi alzarti soddisfatto e non con la fame. Bene comunicare il patrimonio gastronomico del territorio, largo ai social network, grazie ai quali la piccola specialità della Valchiavenna può avere respiro mondiale. I gourmet soddisfatti sono i migliori testimonial».
Il suo luogo del cuore?
«Una vecchia trattoria, il Crotto del sergente, oggi Trattoria della pila sopra Como, nella frazione dove è nato Alessandro Volta. Scoperta trent'anni fa per la zuppa di cipolle nella pagnotta. La gestisce una coppia di amici, lei era andata a mangiare con il fidanzato che ha mollato per il ristoratore. Bruno e la moglie erano di sinistra poi leghisti, oggi quasi Cinque Stelle, ma li perdono. Quando vado lì è una rimpatriata tra amici e la sera si suona».
A proposito, dove cenate con il suo gruppo Distretto 51?
«Con la band andiamo a La Morra in provincia di Cuneo in gita sociale a cercare tartufi e Barolo. Poi tappa ad Alba dove c'è un grande negozio di strumenti musicali, per finire in Liguria a giocare a biglie sulla spiaggia. Il tutto in pulmino che a volte guido io».
La cena romantica è un'arma vincente?
«Mai stata l'arma vincente, semmai il dopo cena è quello romantico...».
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