La mattanza delle divise: l'anno scorso 12 morti E tra gli agenti è rivolta

In media 11 feriti al giorno: 2.646 poliziotti e 1.517 carabinieri. Il Sap: «Non c'è sicurezza»

La mattanza delle divise: l'anno scorso 12 morti E tra gli agenti è rivolta

«Appena ho sentito in tv dell'uccisione del vicebrigadiere ho avuto un tuffo al cuore. È un dolore che si rinnova ogni volta». Antonella Pizzo è la vedova del maresciallo Silvio Mirarchi, assassinato nel 2016 durante un servizio antidroga nel trapanese. Lei è solo una delle mogli di Eroi - non a caso la lettera maiuscola - che compaiono nell'elenco «Vittime del dovere» del Viminale, dove c'è il nome di oltre 3.800 rappresentanti delle forze dell'ordine feriti e uccisi dal 1961. Ma da allora poco è cambiato.

Solo nel 2018 si contano 12 vittime, 2.646 poliziotti e 1.517 carabinieri feriti, in media 11 ogni giorno. Basterebbe poco a snellire la lista, a salvare la vita degli «angeli in divisa» che mettono a repentaglio la loro per uno stipendio che a volte fa sorridere. I sindacati di categoria continuano a chiedere migliore equipaggiamento, più organico e certezza della pena per gli assassini. Ma la loro voce, ormai un unico coro, resta inascoltata. «Devono darci i Taser, i corpetti antiproiettile sottocamicia e le telecamere, sia le body-cam che quelle sulle auto e nei luoghi dove i colleghi operano con le persone sottoposte a misure di sicurezza - tuona Stefano Paoloni, segretario del Sap - il taglio del 20 per cento degli organici, operato negli ultimi anni, inoltre è una grossa fetta di criticità. Da luglio verranno immesse 3mila nuove unità, ma è ancora poco. È ora di cambiare la legge e fare in modo che i reati di lesione, violenza e resistenza a pubblico ufficiale vengano esclusi da quelli per i quali si concedono i domiciliari».

«Per quanto mi riguarda la responsabilità è dei vari governi che, per garantire diritti ai delinquenti, non hanno tutelato lo Stato e i suoi servitori - fanno eco Antonio Tarallo e Gaetano Schiralli del Cocer carabinieri -. Quei due banditi andranno a farsi una vacanza di pochi giorni nelle carceri per poi ritornare a delinquere e ammazzare gente innocente».

Massimiliano Zetti, segretario del Sindacato Italiano Militari (Sim) ricorda che solo il 4 luglio dinanzi alle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia aveva chiesto l'introduzione delle body-cam, lo stanziamento di fondi per creare le «sale fermati» con videocamere a circuito chiuso, Taser e guanti antitaglio. «È stato ucciso un carabiniere della gente, il vice brigadiere Mario Rega era uno di noi e non accettiamo strumentalizzazioni sulla sua morte» interviene anche il colonnello Sergio De Caprio, noto come il capitano Ultimo che mise le manette ai polsi di Totò Riina e oggi è il presidente del Sim. «Guardiamo in silenzio quelli che hanno la responsabilità di garantire la sicurezza dei cittadini e dei carabinieri - dice ancora -. Li guardiamo da anni, li ascoltiamo da anni. Non saremo complici delle loro inefficienze. L'indifferenza che hanno verso i problemi ed i diritti dei carabinieri è uguale all'ipocrisia che esprimono quando veniamo uccisi. Si chiama sciacallaggio. Non ci appartiene».

Le divise insanguinate sono troppe. Dietro al triste elenco dei nomi ci sono padri, figli, fratelli, amici. Salutano la famiglia chiudendo la porta di casa alle spalle e non tornando più. Yuri, 32 anni, del nucleo volanti di Roma è un miracolato per non essere morto il 28 giugno quando, intervenuto a Tor Bella Monica per sedare una lite tra coniugi, è stato ripagato con una lama di 20 centimetri in petto. Giura che tornerà in servizio proprio lì. Combatte in ospedale anche Mario Iadonato il brigadiere accoltellato alle spalle il giorno dopo a Fermano da un marocchino ubriaco, che sollecitava a tornare nella sua abitazione. Ma tanti non ce l'hanno fatta. Vincenzo Carlo Di Gennaro, 46 anni, maresciallo dei carabinieri è stato ucciso per vendetta il 13 aprile 2019 da un pregiudicato fermato durante un controllo a Cagnano Varano. Emanuele Anzini, appuntato, il 16 giugno 2019 mentre partecipava a un posto di blocco nel bergamasco: travolto e ucciso da un automobilista positivo all'alcoltest.

Anche Fabio Baratella, della stradale è morto in un incidente a Livorno il 30 gennaio finendo con l'auto di sevizio contro un camion, mentre il collega Angelo Spadaro insieme ad altre due persone in uno scontro sull'A18. «Ogni giorno rischiamo la vita - si legge nelle chat di agenti e carabinieri - il 99 per cento la sfanga. Di chi muore se ne parlerà al massimo tre giorni».

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