Mattarella-Grasso, 36 anni dopo I destini incrociati dei presidenti

Il numero uno del Senato nel 1980 indagò da pm sull'omicidio del fratello dell'attuale inquilino del Colle. E ieri lo ha commemorato a Palermo da seconda carica dello Stato

Mattarella-Grasso, 36 anni dopo I destini incrociati dei presidenti

Ieri si sono divisi i compiti. Il presidente Sergio Mattarella, prima carica dello Stato, è andato a Castellammare del Golfo (Trapani), sulla tomba del fratello Piersanti assassinato 36 anni fa, e ha partecipato in forma privata alla messa che la famiglia fa celebrare all'istituto Gonzaga. Il presidente Pietro Grasso, seconda carica dello Stato, si è occupato invece dell'ufficialità, della cerimonia che si rinnova ogni anno davanti alla lapide di via Libertà che ricorda l'omicidio di Piersanti Mattarella, presidente della Regione del rinnovamento, che nel 1980, lavorava a buttar fuori dalla politica, e in primo luogo dalla sua Dc, i politici collusi con la mafia. Compiti separati, ieri, Mattarella e Grasso. Eppure, proprio 36 anni fa, in uno strano gioco del caso, i loro destini si sono inesorabilmente intrecciati proprio lì, nella centralissima via Libertà, tra i palazzi sorti come funghi al posto delle ville Liberty abbattute negli anni '60 dal sindaco boss Vito Ciancimino. Lì, in quello scorcio di Palermo bene diventato nel tempo una via crucis di lapidi in ricordo di morti ammazzati, sono di fatto nati, il giorno della befana di 36 anni fa, il Sergio Mattarella presidente della Repubblica e il Pietro Grasso futuro pm antimafia e quindi presidente del Senato.Strano il destino. Strano e imprevedibile. Quel 6 gennaio 1980, sino alle 12 e 50 (l'ora del delitto, ndr) Sergio Mattarella era un giurista, professore universitario trentanovenne, che pur appartenendo a una famiglia di politici preferiva la carriera accademica. L'ancor più giovane Pietro Grasso, invece, 35 anni, era un sostituto procuratore che non si era mai occupato di grandi inchieste di mafia ma che era di turno in quel giorno di doppia festa, domenica ed Epifania. Stava andando a messa con la famiglia, Piersanti Mattarella. E quegli otto colpi di pistola sparati da un killer senza nome, hanno sì ucciso lui, ma hanno anche cambiato le vite degli attuali presidenti della Repubblica e del Senato. Fu lì, in via Libertà, mentre abbracciava in auto il fratello maggiore agonizzante raccogliendone l'ultimo respiro, che Sergio Mattarella ha preso sulle sue spalle l'eredità politica di Piersanti, diventando a sua volta leader siciliano della Dc e quindi poi deputato, più volte ministro, giudice costituzionale e infine, da quasi un anno, presidente della Repubblica. E fu lì, in via Libertà, che il giovane Pietro Grasso cominciò a occuparsi di inchieste di mafia, la sua specializzazione principale da magistrato, il suo trampolino per la politica. Torna sempre, Grasso, sul luogo del delitto Mattarella. E lo ha fatto anche ieri. «A Palermo, come ogni anno - ha scritto su Facebook - per ricordare Piersanti Mattarella, ucciso il giorno della befana del 1980. I miei ricordi di quel drammatico evento sono intatti anche a distanza di molto tempo: la notizia sentita per caso al tg, la corsa sul luogo dell'assassinio come magistrato di turno per quella che sarebbe diventata la mia prima grande inchiesta di mafia, gli sguardi pieni di dolore e smarrimento di chi si trovava lì, in via della Libertà... Il fratello di Piersanti, che conobbi proprio in quella drammatica circostanza, è oggi il nostro Presidente della Repubblica». Arrivò tardi, quel giorno, Grasso. Il corpo di Mattarella era già stato portato via, fece solo un sopralluogo. E il cruccio di quel delitto che, caso unico, ha visto condannati i mandanti di mafia ma non gli esecutori materiali, gli è rimasto, sempre: «Non c'è dubbio - dice - che c'è stato un tentativo di depistaggio, il che lascia presupporre che ci siano delle parti ancora oscure». Ieri Repubblica ha rivelato che, sepolta tra le carte, è rimasta una ricostruzione fotografica del volto del killer redatta quel 6 gennaio e mai divulgata. E ha rivelato anche che i testimoni presenti quella domenica in via Libertà al momento del delitto erano più di quelli registrati nel rapporto dei carabinieri. Buchi neri, tanti, in quell'inchiesta.

La vedova Mattarella riconobbe Giusva Fioravanti come il killer con gli occhi di ghiaccio che sparava e sorrideva quella domenica. Ma Fioravanti è stato assolto per questo delitto. E l'assassino di Piersanti Mattarella resta, tuttora, un fantasma. Un fantasma che 36 anni fa, ha segnato i destini dei vertici istituzionali dell'Italia di oggi.

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