Roma - Tagliata l'agenda, ridotte al minimo le uscite pubbliche, cancellato persino l'ultimo, estremo appello «al civile confronto», che pure aveva messo in programma. Tanto, si devono essere detti sul Colle, non servirebbe a nulla, cadrebbe nel vuoto come il penultimo invito ad abbassare i toni, lanciato il 12 ottobre dall'assemblea dell'Anci. Anzi, c'è il rischio che le parole del capo dello Stato possano essere strumentalizzate, sia dagli uni che dagli altri. Meglio continuare a tacere, che del resto è la sua specialità.
E se proprio c'è da parlare, si fa a quattr'occhi. Alle 17 Matteo Renzi sale al Quirinale e resta a colloquio per più di un'ora. Si tratta, ufficialmente, di un incontro preparatorio al Consiglio superiore di difesa previsto per oggi pomeriggio, ma è difficile credere che la situazione politica generale faccia solo da sfondo, tanto più dopo lo scenario del voto anticipato ventilato da Palazzo Chigi in caso di sconfitta il quattro dicembre, materia di esclusiva competenza del capo dello Stato. Chissà, magari la cosa ha innervosito Sergio Mattarella, anche se dal Colle smentiscono con nettezza. «Con il governo nessun problema».
Comunque sia, il capo dello Stato chiude i boccaporti e si prepara a due settimane di navigazione sottomarina. Il presidente è irritato dallo scambio di insulti tra il fronte del Sì e quello del No, allarmato perché il clima di rissa può proseguire anche dopo il referendum e, se non si è infastidito, certo non ha gradito per la fuga in avanti dei renziani in caso di vittoria del no. È stato il vicepresidente del Pd Lorenzo Guerini, in genere molto cauto, a dare voce al piano B. «Se c'è la volontà politica, possiamo lavorare su una nuova legge elettorale in breve tempo e andare a un voto anticipato entro l'estate del 2017». Salvo poi correggere il tiro. «È del tutto evidente che quella delle elezioni è una prerogativa del presidente della Repubblica».
Mattarella però, almeno adesso, non intende alimentare un dibattito che considera sterile. I motivi sono diversi. Primo, il capo dello Stato non vuole allontanarsi dal suo ruolo di garante per tutti e non ci sta a farsi tirare la giacchetta verso il Sì o il No. Secondo, molte delle dichiarazioni rilasciate in questi giorni fanno parte della propaganda e non della programmazione politica: siamo davvero sicuri che Renzi, se battuto, lascerà l'incarico? Terzo, è inutile costruire castelli prima di sapere come andrà a finire la contesa.
Non resta che affidarsi alle ipotesi, alle probabilità e alle procedure. Ad esempio, tutti danno per certo che il presidente non spianerà la strada alle elezioni anticipate perché il voto referendario non riguarda la legittimità della legislatura ma la riforma della Costituzione.
Senza contare che è proprio la Carta a imporre a Mattarella, in caso di dimissioni del premier, verificare l'esistenza in Parlamento di una maggioranza in grado di sostenere un governo. Renzi, Padaon o un altro. Poi, la durata dell'eventuale, nuovo esecutivo, quello è un altro discorso- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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