Ottanta letti di terapia intensiva occupati in un giorno, un medico che insieme agli infermieri in una notte gestisce 44 pazienti.
Il post, bello e drammatico, pubblicato su Facebook del medico del Policlinico di Milano, Andrea Artoni, in cui dava conto dell'emergenza sanitaria causata dal virus è stato rimosso qualche ora dopo la pubblicazione. E sul perché il Policlinico non ha voluto rilasciato commenti. Ma le parole intense di come vivono i camici bianchi in prima fila contro il coronavirus restano. «Abbiamo ripreso a pieno ritmo. Due piani del Padiglione Granelli dell'ospedale completamente pieni di malati Covid - si legge nel post -. Non facciamo a tempo a liberare un letto grazie alle poche faticosissime dimissioni o per i sempre troppi decessi che immediatamente viene riempito. Il nostro pronto soccorso è sottoposto a una pressione incredibile ormai da giorni e giorni. Questa notte ho iniziato con 4 letti liberi alle 8 e all'una di notte erano già tutti pieni. Non mi sono annoiato. A Milano l'onda rossa ci ha inesorabilmente travolti».
Artoni porta la sua esperienza clinica. «Come al solito faccio un atto di fede quando gli epidemiologi dicono che aumenta senza accelerare e quindi bisogna essere contenti - scrive -. Detto ciò forse non ci si rende conto di cosa vuol dire in termini di risorse impegnate + 80 letti in terapia intensiva in un solo giorno, quante decine di rianimatori e infermieri dedicati devi spostare dal non Covid al Covid». Quello che caratterizza la seconda fase è la «minore energia» degli operatori sanitari. «Questa notte ho gestito un reparto di 44 letti da solo - racconta Artoni - meno male tutti gli infermieri erano sul pezzo perché gli ematologi che si mettono a fare gli specialisti di insufficienza respiratoria rischiano di uscire di strada. Meno male che a questo giro li ho portati tutti a casa». E nel post c'è spazio anche per la sofferenza.
«Maledetto tetto terapeutico - scrive ancora -. Lo so che è razionale giusto logico non ti fa sprecare preziose risorse ma spiegatelo voi al vecchietto della stanza in fondo che stanotte non respirava più che avevamo raggiunto il tetto terapeutico».
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