«Niente polemiche e nessun contrasto». Né all'interno della maggioranza, né con l'opposizione. La linea di Palazzo Chigi è quella di sopire qualunque fronte possa crearsi sul Pnrr, anche perché la Commissione Ue si è presa un altro mese di tempo per sbloccare l'ultima tranche di fondi 2022 e far rimbalzare a Bruxelles l'eco di eventuali tensioni nazionali non è certo la ricetta migliore per spingere l'Ue a quell'approccio di «flessibilità» che auspica il governo. Così, nonostante in mattinata la Lega continui a tenere alta la tensione sarà poi Matteo Salvini a metà pomeriggio a dare la linea ufficiale (e conciliante) del Carroccio gli esponenti di Fratelli d'Italia si guardano bene dall'aprire fronti. Di più. Poco dopo pranzo è il ministro degli Affari europei e del Pnrr, Raffaele Fitto, a tendere una mano all'opposizione che da giorni chiede che il governo riferisca in Parlamento sullo stato di attuazione del Recovery. Un invito, spiega, che l'esecutivo «accoglie volentieri», perché «sarà un'ottima occasione di confronto per approfondire e chiarire il merito delle questioni». E qualche ora prima, proprio Fitto ha incontrato il presidente dell'Anci, Antonio Decaro, e i sindaci di Firenze e Venezia, Dario Nardella e Luigi Brugnaro, per un confronto «in merito alle problematiche» connesse ai rilievi sollevati da Bruxelles sull'ammissibilità degli interventi sullo stadio Artemio Franchi e sul Bosco dello sport.
Le parole d'ordine, insomma, sono dialogo e confronto. L'unica ricetta possibile per riuscire ad ottenere dalla Commissione Ue la «massima flessibilità nell'uso delle risorse disponibili». Anche alla luce spiega Fitto del «mutato contesto internazionale ed economico». Richiesta che, dice il commissario Ue all'Economia, Paolo Gentiloni, vede Bruxelles disponibile. La Commissione europea, spiega, «lavorerà con il governo italiano per rendere i programmi del Pnrr il più possibile attuabili», dal momento che «il successo del nostro Piano non è soltanto un'esigenza italiana per rilanciare la crescita, ma è un'esigenza europea». Insomma, «far funzionare» il Pnrr è «un obiettivo comune tra Italia ed Europa».
Flessibilità, dunque. Su cui punta Giorgia Meloni per utilizzare come vasi comunicanti le diverse fonti di finanziamento dell'Ue, spostando alcuni progetti dal Pnrr alla programmazione per la Coesione (che scade nel 2029 e non nel 2026). Anche su questo punta Salvini per provare a utilizzare una parte delle risorse europee per la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Ieri il vicepremier e leader della Lega ha messo a tacere i distinguo della mattinata di Riccardo Molinari, Alberto Bagnai e Claudio Borghi. E ha detto chiaramente che «l'obiettivo è spendere tutti i fondi» del Pnrr e «spenderli bene». Sullo sfondo, l'auspicio è che una parte delle «opere accessorie» al ponte (quelle da realizzare a terra) possano essere inserite nel Pnrr o, molto più probabilmente, nei fondi di Coesione. Anche perché il ponte un'opera da circa 10 miliardi di euro è stato progettato dal ministero per le Infrastrutture tenendo conto di tutte le specifiche «green» richieste dall'Ue.
Tanto che qualche settimana fa la Banca europea degli investimenti non ha escluso la possibilità di contribuire a «un'infrastruttura che è parte del cosiddetto corridoio Scandinavo-Mediterraneo» (il quinto dei dieci assi prioritari del sistema delle reti transeuropee dei trasporti).
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