Meloni si tiene il Sud e guarda alle Regionali e al caos sull'autonomia

Le deleghe di Fitto sul Mezzogiorno restano a Palazzo Chigi. Il voto in Campania e Puglia nel 2025. Proteste della base meridionale

Meloni si tiene il Sud e guarda alle Regionali e al caos sull'autonomia
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L'unica vera novità di un risiko annunciato da giorni è quella che potrebbe sembrare una questione contingente. Come nelle attese, infatti, lunedì scorso Tommaso Foti ha giurato al Quirinale come ministro e ha preso il posto di Raffaele Fitto, dal primo dicembre in carica come vicepresidente esecutivo della Commissione europea. Foti lascia libera una casella decisiva, quella di capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera. Non un dettaglio, non solo perché Fdi è il principale partito di maggioranza ma anche perché la storia insegna che - solitamente - per i partiti che sostengono il governo la seconda parte della legislatura è decisamente più in salita della prima. Al suo posto, come noto almeno da lunedì, ieri i deputati di Fdi hanno eletto (per acclamazione) Galeazzo Bignami, viceministro ai Trasporti e vicinissimo a Giorgia Meloni. Che, è questa la notizia inattesa, terrà a Palazzo Chigi la delega per il Sud. Prima in capo a Fitto e che - almeno fino a martedì sera - tutti davano per scontato sarebbe andata a Foti insieme agli Affari europei, la Coesione e il Pnrr.

Invece no. Il Sud resta in mano a Meloni. E sia nel partito che a Palazzo Chigi assicurano tutti che la cosa era programmata fin dall'inizio. In verità, potrebbero avere pesato alcune perplessità manifestate dalla base del partito - alcuni coordinatori regionali in particolare - preoccupata dalla scelta di affidare una delega simile a un ministro che è di Piacenza. L'obiezione, insomma, non sarebbe sul merito o sulle capacità, ma squisitamente geografica. Perché un ministro del Sud che ha il suo collegio elettorale a 75 chilometri da Milano in effetti non fa granché presa nel Meridione. Sopratutto in vista di un anno che, tra le altre, vedrà andare al voto Campania e Puglia. Due regioni oggi a guida centrosinistra che insieme contano quasi dieci milioni di abitanti (quasi un quinto del Paese). Con la prima che - molto dipenderà dal braccio di ferro nel Pd tra Elly Schlein e il governatore Vincenzo De Luca - potrebbe essere contendibile. A differenza della seconda, dove l'ipotesi di una candidatura dell'attuale eurodeputato Antonio Decaro - mezzo milione di preferenze alle Europee di giugno - dice che la partita è sostanzialmente già chiusa.

Così la premier ha deciso di tenersi la delega per il Sud. E a Palazzo Chigi assicurano che non sia sua intenzione affidarla ad altri neanche nei mesi a venire. Anzi. Dalla presidenza del Consiglio fanno sapere che Meloni ha già avviato una «ricognizione» tra i diversi ministeri per sapere «quanto già realizzato» per il Mezzogiorno e «rafforzarne lo sviluppo» sul fronte «infrastrutture, investimenti e incentivi». Il Sud, sottolinea la premier, «nel 2023 è stato la locomotiva d'Italia, con Pil e occupazione in crescita sopra la media nazionale e un forte impulso alle esportazioni». E Meloni vuole «procedere su questo percorso con ancora maggiore determinazione».

Insomma, dopo il G7 che la premier ha fortemente voluto in Puglia, la sua intenzione è ribadire che le sorti del Sud Italia sono uno dei punti strategici dell'azione di governo. Una scelta che forse guarda anche alle tante critiche che nel Mezzogiorno - pure dall'area di centrodestra - sono arrivate all'autonomia differenziata. Una riforma voluta dalla Lega, invisa a Forza Italia e su cui Fdi ha sempre avuto un approccio silenzioso.

Ma si avvicinano le regionali di Campania e Puglia.

E da Roma in giù - con esiziali distinzioni tra destra e sinistra - l'autonomia è considerata una sorta di attentato all'unità nazionale e agli interessi del Sud. Insomma, un fronte che si annuncia caldissimo. E di cui Meloni vuole occuparsi in prima persona.

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