Le apparenti tensioni della maggioranza sul dossier Mes e sul caso Santanché sembrano essersi parzialmente ricomposte. Ieri la Lega attraverso il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, ha espresso una posizione molto più attendista su entrambi i fronti allontanando le ipotesi di un pesante showdown parlamentare che avrebbe potuto far emergere le divergenze che solcano come linee di faglia i tre principali partiti.
«Penso sia molto complesso arrivare in Aula il 30 giugno», ha detto ieri Molinari intervistato da Radio 24 sul Fondo salva-Stati, aggiungendo che «bisogna fare le audizioni, discutere gli emendamenti, credo che slitterà per forza di cose; dubito che un tema così sensibile possa stare in commissione pochi giorni». In questo modo, la Lega ha sostanzialmente accettato la tattica dilatoria del premier Meloni che punta al rinvio a settembre previo ritorno in commissione Esteri delle due pdl di Iv e Pd. Qualche giorno fa, invece, il Carroccio aveva lasciato trapelare l'intenzione di affossare la proposta di legge, un proposito imbarazzante per Palazzo Chigi.
La situazione resta complessa. Oggi il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, avrà un vertice con il ministro dell'Economia francese, Bruno Le Maire, e con il titolare delle Finanze tedesco Christian Lindner e la sua omologa polacca Magdalena Rzcezkowska. Il tema sono gli approvvigionamenti di materie critiche, resi più difficili dalla guerra in Ucraina, ma Berlino ha già fatto capire di aspettarsi una pronta ratifica del Mes se si vorrà poi trattare insieme l'agenda di Bruxelles a partire dal Patto di stabilità. L'esatto contrario di quanto affermato da Matteo Salvini che ieri ha ribadito che il Fondo serve a «salvare le banche di chi sta a centinaia di chilometri da qui, meglio mettere il nostro debito pubblico in mano agli italiani». In fondo, anche il leader di Forza Italia ha espresso analoghe preoccupazioni, cioè che ad avvantaggiarsene sarebbero i Paesi più forti mettendo l'Italia all'angolo. Ovvie le proteste dell'opposizione. «È ora che governo e maggioranza si assumano le proprie responsabilità», ha dichiarato Piero De Luca, capogruppo del Pd in commissione Politiche Ue della Camera.
Lo stesso discorso vale per il caso del ministro del Turismo, Daniela Santanché, al centro delle polemiche per via dell'inchiesta di Report sulle sue società Ki Group e Visibilia. «Non si fanno processi televisivi. Il ministro Santanché ha già chiarito di non avere nulla da nascondere e valuterà lei se è il caso di chiarire qualcosa e riferire in Aula: di certo non è la Lega che chiede al ministro di riferire in Aula», ha precisato ieri Molinari. Secondo Tajani, Santanché «ha già chiarito e se vuole presentarsi in Parlamento «è una sua scelta, Forza Italia non ha chiesto altri chiarimenti». Anche in questo caso la posizione dei due partiti appare molto più morbida rispetto a quanto trapelato nei giorni scorsi quando sembrava che i due partner di maggioranza di Fdi spingessero affinché il ministro si presentasse quanto meno in Parlamento. In questo modo l'iniziativa di contrasto diventa appannaggio esclusivo delle opposizioni e la maggioranza si è ulteriormente ricompattata. I capigruppo del M5S a Camera e Senato, Francesco Silvestri e Stefano Patuanelli, hanno chiesto ai presidenti dei due organi la convocazione immediata di una conferenza dei capigruppo per disporre una informativa urgente del ministro Santanché.
Analoghe richieste sono pervenute anche dal Partito democratico (Schlein ieri ha parlato di «giorni difficili per il governo»), da Verdi e Sinistra e da +Europa. Gli attacchi a Santanché sono così circoscritti al solo fronte esterno.
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