Bruxelles assomiglia sempre di più a un ingorgo trafficato di Pechino dove si incrociano uno dopo l'altro quasi tutti i dossier chiave con cui è alle prese il governo italiano. Continua a tenere banco il Mes (ieri è arrivato l'ennesimo «richiamo» dalla Commissione Ue), rimane in pista la faticosa interlocuzione sul Pnrr (con l'Italia ancora in attesa della terza rata da 19 miliardi) e sottotraccia si va facendo più deciso il confronto sulla riforma del Patto di Stabilità. Il tutto con sullo sfondo la questione migranti, su cui Giorgia Meloni chiede all'Europa un impegno non solo formale ma anche sostanziale dal giorno in cui è arrivata a Palazzo Chigi. Il tema sarà oggetto di confronto anche al Consiglio europeo in programma giovedì e venerdì, un vertice inevitabilmente dedicato alla situazione in Ucraina e Russia ma che nella bozza di conclusioni che circola in queste ore avrà un passaggio (il punto IV) anche sulla questione migranti. Si farà riferimento all'impegno dell'Ue a combattere le reti dei trafficanti e si ribadirà che l'immigrazione clandestina è un tema che riguarda tutti gli Stati dell'Unione e che richiede dunque una «risposta europea». Il documento dovrebbe prevedere un esplicito richiamo alle «frontiere esterne» dell'Ue, un punto su cui insiste da tempo il governo italiano. Proprio oggi, peraltro, il commissario europeo all'Allargamento, Oliver Varhelyi, firmerà l'accordo per il pacchetto di aiuti alla Tunisia per contrastare il traffico di esseri umani. Un'intesa, spiega la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che è «il risultato della visita a Tunisi dello scorso 11 giugno con la premier italiana Meloni e il primo ministro olandese Rutte». E questo, dice Antonio Tajani, «significa che presto arriverà la prima tranche di finanziamenti comunitari alla Tunisia», mentre - assicura il ministro degli Esteri - l'Europa continuerà a spendersi con il Fondo monetario internazionale per sbloccare il prestito da quasi due miliardi di dollari che può salvare il Paese da una bancarotta che porterebbe a un inevitabile boom dei flussi migratori. Non un dettaglio, visto che proprio dalle coste tunisine salpa oltre il 50% degli immigrati clandestini diretti in Italia.
Mentre da Bruxelles iniziano ad arrivare dei segnali positivi rispetto alle richieste italiane, si registra però un durissimo scontro tra il Consiglio d'Europa (un'organizzazione internazionale che si occupa di promuovere la democrazia e che non ha nulla a che fare con il Consiglio europeo) e Palazzo Chigi. Proprio ieri, infatti, la commissaria per i diritti umani Dunja Mijatovic, ha accusato l'Italia di «criminalizzare le Ong» e «mettere in pericolo la vita e la sicurezza di rifugiati e migranti facilitando la loro intercettazione e il loro ritorno in Libia, dove subiscono diffuse e gravi violazioni dei diritti umani». Un affondo che il governo non ha gradito, al punto che il ministro per gli Affari europei e il Pnrr, Raffaele Fitto le ha definite senza mezzi «parole che suscitano incredulità e rabbia». E ancora: «Non accettiamo lezioni da chi, seduto comodamente sul divano, si permette di guardare e giudicare il nostro Paese che in questi anni, spesso da solo, si è fatto carico con sacrificio e abnegazione del salvataggio e dell'accoglienza di migliaia di migranti».
Al Consiglio Ue di dopodomani, peraltro, Meloni arriverà fresca della conferma a presidente del partito dei Conservatori e riformisti europei, riunitosi ieri a Roma. Una rielezione che ha come orizzonte le elezioni europee che si terranno fra un anno e che è stata decisa d'intesa con le diverse componenti del gruppo (confermati anche i due vicepresidenti, lo spagnolo di Vox Jorge Buxadè, e il polacco di PiS Radoslaw Fogiel).
«Un'indicazione unanime che ribadisce la stima e l'apprezzamento verso Meloni e il lavoro che sta svolgendo alla guida del governo italiano», spiegano in una nota Nicola Procaccini e Carlo Fidanza, rispettivamente co-presidente del gruppo Ecr e capodelegazione di Fdi-Ecr al Parlamento Ue.
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