Milano. Piazze da occupare, pezzi di città da strappare e sottoporre alla propria autorità. Dietro l'orribile notte delle molestie sessuali collettive in piazza Duomo c'è anche un'idea di conquista del territorio e Milano - città europea - è terreno privilegiato di quest'azione, in cui i gesti illegali o criminali non vengono compiuti di nascosto ma esaltati nello spazio pubblico con questa folle ambizione simbolica.
La conquista di Milano è in atto. Di un'azione di «occupazione del territorio» parla Souad Sbai, fondatrice dell'associazione Donne marocchine in Italia, e suggerisce una lettura degli abusi di Capodanno e dei precedenti europei (vedi Colonia): occorre vederli - avverte - come un movimento, «qualcosa che ha a che fare con un pensiero che si sta creando nelle seconde generazioni» e ha che fare con una «versione perversa della religione». Insomma, un fatto ideologico. «Il messaggio che ci inviano è questo: noi siamo padroni del territorio e vi consideriamo qualcosa di estraneo - così Maryan Ismail, prima imam donna nel nostro Paese - Mi pare che si comportino come se con il corpo di un'infedele, non vestita secondo i canoni, potessero trastullarsi a piacimento: I vostri corpi di infedeli, kafir, non significano niente per noi».
Lorenzo Vidino, milanese e massimo esperto di radicalismo islamico, vede tracce di «una sottocultura che sposa, spesso in maniera confusa, identità arabo-islamica, mitizzazione della criminalità e machismo». L'anno scorso in piazza Selinunte a San Siro, candidata a diventare la prima banlieu italiana, sfidando i divieti anti-Covid circa 300 giovani si radunarono per girare il video di un giovanissimo rapper maghrebino, e partì una guerriglia contro la polizia, con lanci di bottiglie e sassi, al grido di «Fuori di qui!». Vidino lo ha notato, su «Repubblica» citandolo come esempio di questo impasto identitario che porta al rifiuto del Paese ospitante anche da parte delle seconde generazioni.
Anche le gang sudamericane imperversano, ma non hanno gli stessi riferimenti fanatici. È il «separatismo» religioso il nemico dichiarato del presidente Emmanuel Macron in Francia. In Europa si tollerano enclavi, con enti giuridici e assistenziali propri, in cui non viene riconosciuto lo Stato e il suo legittimo uso della forza sul territorio. La sfida alle istituzioni prolifera in quartieri poveri e disagiati, ma in occasioni particolari sfocia con incursioni in spazi simbolici.
Inevitabile notare come, 13 anni fa, la stessa piazza Duomo, come San Petronio a Bologna, fu teatro di una sorta di provocazione, o «profanazione», cercata o non evitata: la famosa «preghiera» sul sagrato che - dopo un rogo di bandiere americane e israeliane - fu condotta all'imbrunire da un imam già condannato per terrorismo. «C'è preoccupazione per questo uso violento della religione - disse allora al Giornale il direttore dell'Osservatore Romano Gian Maria Vian - sono rimasto impressionato». Quell'imam guidava la moschea di viale Jenner, che in anni precedenti era considerata una sorta di base jihadista, almeno dagli americani, e riversava i fedeli per strada, in «preghiere» che avevano lo scopo di creare, o sollevare politicamente, il tema-moschee.
Da allora i centri religiosi hanno perso centralità, soppiantati dal web. Ma nel dicembre 2017, fu piazza Cavour a essere occupata da un'altra confusa manifestazione politico-religiosa, contro Trump e contro Israele, in cui furono scanditi slogan antisemiti e jihadisti.
L'episodio spinse la Procura ad aprire un fascicolo in cui si ipotizzava l'accusa di istigazione all'odio razziale.Tutti fatti diversi uno dall'altro. Ma fra gli eventi politico-«religiosi» di allora e i misfatti politico-criminali di oggi si scorge un filo, che tiene tutto.
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