Minacce a Meloni: indagato l'autore. M5S sotto accusa si scusa per metà

"Se togli il reddito di cittadinanza ammazzo te e tua figlia". "Attenta, finiscila co' sta cosa di togliere il reddito di cittadinanza sennò ti ammazzo ma lo capisci?"

Minacce a Meloni: indagato l'autore. M5S sotto accusa si scusa per metà

«Se togli il reddito di cittadinanza ammazzo te e tua figlia». «Attenta, finiscila co' sta cosa di togliere il reddito di cittadinanza sennò ti ammazzo ma lo capisci?». «Non scherzo, mi faccio 40 anni di carcere almeno mangio».

Le minacce shock a Giorgia Meloni erano apparse su Twitter sotto il tweet dell'account ufficiale della Presidenza del Consiglio dei ministri. Ieri indagini lampo hanno portato all'identificazione di un giovane disoccupato di 27 anni di Rosolini, piccolo comune del siracusano, che con un nickname, quindi senza usare il suo vero nome, si era scagliato contro il presidente del Consiglio. Il ragazzo avrebbe agito in un «momento di rabbia» per la possibilità di perdere il reddito di cittadinanza, il sussidio che aveva preso per 18 mesi e che da poco, dopo un'interruzione, era tornato a ricevere. Una frustrazione, avrebbe spiegato, che si sarebbe mai tramutata in gesti concreti: «Non volevo fare del male a nessuno».

L'uomo, che non risulta abbia mai avuto contratti di lavoro, in passato è stato denunciato per piccoli reati connessi alla detenzione di sostanze stupefacenti. Durante la perquisizione eseguita a tarda sera dalla polizia nella sua abitazione, dove vive da solo, il 27enne è apparso sorpreso ma «collaborativo».

Adesso il ragazzo è indagato dalla Procura di Siracusa per violenza privata aggravata. Il sindaco di Rosolini, Giovanni Spadola esprime «piena e incondizionata solidarietà» a Giorgia Meloni, minacciata «dal classico leone da tastiera. La nostra Comunità è fatta di persone perbene che nulla hanno a che vedere con questo soggetto. Adesso è giusto che paghi per questa vigliaccata».

La richiesta unanime della politica è quello di non sottovalutare il peso di parole e minacce e fare il tesoro delle dolorose lezioni del passato. Un messaggio indirizzato soprattutto ai Cinquestelle e a Giuseppe Conte che della critica all'abolizione del reddito hanno fatto il loro cavallo di battaglia. «Fomentare rabbia sociale per raccattare qualche voto è pericoloso», dice Giovanni Donzelli, la cui voce si leva insieme a quella di Giovanbattista Fazzolari, convinto che le minacce siano «prodotto del clima di odio fomentato dalla narrazione falsa di chi sul disagio sociale cerca di lucrare facili consensi».

Una stoccata arriva dal ministro Francesco Lollobrigida: «Ci aspettiamo che tutte le forze politiche, a cominciare da quelle che per prime aizzano le folle nelle piazze e sui social, condannino fermamente simili oscenità». Interviene anche il sottosegretario all'Interno Wanda Ferro: «Queste gravissime minacce rivolte persino alla piccola Ginevra dovrebbero spingere a fermarsi a riflettere. Basta davvero poco per armare la mano di qualche balordo». Un monito rilanciato anche da Isabella Rauti: «Chi alimenta la rabbia è colpevole quanto, se non più degli autori dei messaggi inviati sui social». E se il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi sottolinea «l'importanza di un fronte comune contro chi alimenta un pericolosissimo clima d'odio e di violenza», solidarietà arriva anche da Laura Boldrini, Mara Carfagna e Mariastella Gelmini. «Avendo ricevuto minacce di ogni genere so benissimo lo sgomento che si prova in queste situazioni» dice Roberto Calderoli, mentre Gilberto Pichetto Fratin si dice convinto che le intimidazioni «non incideranno in nessun modo sull'impegno suo e del governo».

I Cinquestelle incassano il colpo, ma respingono critiche che liquidano alla stregua di uno sciacallaggio.

«Il disagio esiste non lo sto creando io e chi pensa di suggerire questa lettura è fuori di testa perché non guarda al vero disagio sociale» dice Giuseppe Conte. E il capogruppo alla Camera Francesco Silvestri dopo aver condannato le minacce invita a «non utilizzare questa brutta storia per sciacallaggio politico. È un palese tentativo di delegittimare la nostra opposizione».

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