Le mire neo-ottomane della Turchia nei Balcani sono una seria minaccia alla pace

di Papa Francesco non lo dice, ma lo sa. «La terza guerra mondiale combattuta a pezzi», quell'incubo presente sempre più spesso nei suoi discorsi, rischia di ricomporsi nei Balcani, trascinando l'Europa indietro di un secolo e passa, riportando l'odio e la guerra all'interno dei suoi confini. Per capirlo basta guardarsi attorno. In Bosnia dalla fine della guerra civile sono sorte oltre 150 moschee e i dollari dell'Arabia Saudita e del Qatar finanziano le formazioni islamiste. E alla vigilia dell'arrivo di Francesco lo Stato Islamico divulga, non a caso, un video in cui una combriccola di tagliagole balcanici, provvisoriamente impegnati sul fronte siriano, s'impegna a far sventolare le bandiere del Califfato nei Paesi natali.

I sintomi più gravi di un contagio che minaccia di riportarci indietro di un secolo e regalarci un altro segmento di quella «guerra mondiale a pezzi» arrivano però dalla Turchia. Lì, nel Paese dove i quotidiani accusano il governo di connivenza con i terroristi dello Stato islamico, il presidente Recep Tayyip Erdogan studia da Sultano. Se il voto per il rinnovo del Parlamento in programma gli regalerà l'indispensabile ed auspicata maggioranza dei tre quinti potrà smetterla di simulare finte pretese democratiche ed europeiste per dedicarsi alla restaurazione di quell'impero Ottomano di cui si sente genuino rifondatore. Una pretesa non priva di conseguenze per Bosnia, Albania, Kosovo, Macedonia e tutti quei frammenti d'Islam che soltanto all'inizio del '900 hanno smesso definitivamente di affrancarsi dal grande Impero. Non a caso lo scorso 14 maggio, mentre inaugurava a Tirana la più grande moschea dei Balcani finanziata dal Direttorato per gli Affari religiosi di Ankara, il presidente turco ammetteva di guardare ai «fratelli dell'Albania e dei Balcani come a nostre parti inseparabili».

Ancora troppo poco per accusarlo di voler tornare a reclutare giannizzeri nei Balcani, ma abbastanza per capire la miopia dell'Europa. Un'Europa che, dalla Bosnia al Kosovo, ha fatto di tutto per compiacere i musulmani regalando loro due feudi nel cuore dei propri territori meridionali. Grazie al messaggio dei predicatori estremisti già al lavoro nelle decine di moschee balcaniche finanziate dalla Turchia e dalle monarchie del Golfo quei due feudi rischiano di diventare, assieme ad Albania e Macedonia, il vero cavallo di Troia della penetrazione musulmana.

E mentre l'Europa si è fatta, e si fa, levatrice delle entità nazionali musulmane i cristiani di Serbia continuano invece a venir emarginati per le colpe terribili di Srebrenica e dintorni. Eppure nella Sarajevo che ospita il Papa, 20 anni dopo quegli orrori, è difficile dire se facciano più impressione l'incuria e l'abbandono delle chiesette ortodosse del sobborgo serbo di Pale o l'ingombrante e sfavillante maestosità dell'imponente Moschea Re Fahd.

Una moschea finanziata dall'Arabia Saudita e diventata il simbolo della rinascita islamica della Bosnia. Mentre su Medjugorje, nel cuore del paese ex jugoslavo, «stiamo per prendere una decisione», dice il Pontefice ai giornalisti sul volo di ritorno.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica