"Ma la misura è un inghippo all'italiana. Lo Stato scarica il problema sui privati"

Il giuslavorista Francesco Rotondi: "Non potendo obbligare al siero, si aggira il tema con il passaporto verde. Servirebbe una legge con regole chiare e precise"

"Ma la misura è un inghippo all'italiana. Lo Stato scarica il problema sui privati"

«Il Green Pass è un inghippo tutto italiano».

Prego?

«Il sillogismo è il seguente: posso avere il Green Pass se sono vaccinato, altrimenti no. Il Green Pass sottende il vaccino. Non è possibile obbligare al vaccino, quindi non è possibile imporre l'obbligo di Green Pass». Francesco Rotondi è uno dei giuslavoristi più autorevoli, fondatore dello studio Lablaw.

«Il binomio non si può scollegare. L'obbligo di vaccino non c'è perché la Costituzione richiede una legge per poterlo imporre e questa legge non è stata varata. Quindi, il Green Pass è stato inventato per tentare di aggirare il problema cambiando il nome all'oggetto dell'obbligazione. Immaginare di imporre o richiedere il Green Pass per accedere a servizi o altro significa indurre surrettiziamente l'obbligo del vaccino. Come per il vaccino, il Green Pass in assenza di una legge potrebbe essere necessario (non imposto) per accedere per esempio al lavoro e ciò attraverso una verifica del medico di fabbrica che ne certifica la necessità. In questo modo l'obbiettivo viene raggiunto per una via traversa. Il tema a questo punto però si sposta...».

Cioè?

«Se l'impresa dimostra che una prestazione di lavoro è accettabile solo in presenza del vaccino, e che in caso contrario può rifiutarla, allora ci troviamo con una sorta di obbligo privato al vaccino. In altre parole, è un sotterfugio attraverso il quale lo Stato evita un problema e lo scarica sull'azienda».

Può fare un esempio?

«Nessuno è obbligato a conseguire la patente, ma se una persona intende lavorare come autista in un'impresa non può esimersi dal possederla. È lo stesso concetto. Se il medico aziendale ritiene che l'attività lavorativa possa essere svolta solo in presenza del vaccino, allora il datore di lavoro potrà rifiutare la prestazione di chi non esibisce il Green Pass. In altre parole: egli non ha il potere di obbligare al vaccino, ma ha il diritto di non accettare la prestazione».

Il tampone è una valida alternativa?

«Il tema tamponi si pone su due piani: il primo è quello connesso a un diverso modo di tutelare la sicurezza. Sotto diverso profilo la questione è più legata al tema organizzativo e di costi. Anche in questo caso trovo che la soluzione non possa gravare sul datore di lavoro in nessun caso. Se fra le libertà possiamo annoverare quella di non vaccinarsi e quindi di non avere il Green Pass il costo dell'esercizio di quella libertà non deve ricadere sul terzo, a maggior ragione quando l'alternativa vaccino è totalmente gratuita».

In definitiva, che cosa occorrerebbe?

«Semplicemente una legge. Basterebbe elencare in una legge le attività possibili con vaccino e Green Pass. Ogni cittadino sarebbe libero di non accedere ai luoghi non consentiti e coloro che sono titolati alla richiesta, liberi di rifiutare la prestazione senza oneri».

In Parlamento una legge così concepita

difficilmente raggiungerebbe la maggioranza.

«Eppure se venisse proposto un voto referendario sull'obbligo del Green Pass (leggi vaccino) gli italiani si esprimerebbero a favore in stragrande maggioranza. Il tema è politico».

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