Mentre nella beata Italia si freme per la pace, in Moldavia Vladimir Putin lavora per allargare la guerra oltre i confini dell'Ucraina. Difficile leggere diversamente l'assalto di centinaia di «manifestanti filorussi» alla sede del governo filoeuropeo di Chisinau: è un tentativo di colpo di Stato orchestrato da Mosca, malamente mascherato da protesta popolare contro il carovita. E gli scontri con la polizia in corso in serata, specialmente se ci scappasse il morto o se i disordini si estendessero in altre aree del Paese, potrebbero fornire al Cremlino il pretesto per ordinare alla guarnigione russa presente nella regione moldava della Transnistria di intervenire «per salvaguardare i diritti della minoranza russa» e prendere in realtà il controllo dell'intera Moldavia.
Le prossime ore potranno essere cruciali per il destino della Moldavia e non solo: è possibile che la destabilizzazione di quel piccolo Stato incastonato tra l'Ucraina e la Romania possa profondamente alterare gli attuali equilibri della regione e le stesse prospettive della guerra cominciata un anno fa con l'invasione russa dell'Ucraina. Lo schema è identico a quello usato da Putin in Ucraina, solo su scala dieci volte inferiore: usare il pretesto di difendere i russofoni presenti in una provincia di una Repubblica ex sovietica per abbattere con la forza il governo democraticamente eletto e sostituirlo con uno fantoccio fedele a Mosca.
L'operazione Chisinau ha avuto inizio nel pomeriggio. Centinaia di militanti del partito filorusso Sor, arrivati da tutta la Moldavia, si sono concentrati davanti alla sede del governo e hanno cercato di farvi irruzione. Ne sono seguiti scontri con la polizia con diversi arresti e una parte del corteo ha cambiato obiettivo, dirigendosi verso il municipio della capitale. Qui Dinu Turcanu, uno dei dirigenti di Sor che è anche governatore di una regione, ha arringato la folla e ha chiesto aiuti alla popolazione in difficoltà per gli alti costi di luce e gas.
Il governo accusa il Movimento del Popolo, un più ampio ventaglio di sigle politiche filorusse di cui il partito Sor è parte, di agire per destabilizzare il Paese agli ordini di Mosca. Nei giorni scorsi dal Cremlino erano giunte minacce esplicite ai dirigenti politici moldavi, «colpevoli» nonostante la dichiarata neutralità di aver fornito aiuto a Kiev accogliendo centinaia di migliaia di profughi ucraini e di perseguire l'ingresso nell'Unione europea.
Il premier moldavo Dorin Recean pochi giorni fa aveva chiesto il ritiro dalla Transnistria del contingente militare russo (forte di migliaia di uomini e con grandi depositi di armi e munizioni a disposizione), che non ha mai lasciato il Paese dopo il collasso dell'Urss nel 1991 e anzi costituisce la garanzia della indipendenza di fatto di questo micro Stato filorusso che ha tuttora la falce e martello nella sua bandiera. Apriti cielo: il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha minacciato Recean consigliandogli di «stare molto, molto attento» e accusandolo di «isteria anti russa».
Il clima in Moldavia è ormai da settimane di crescente angoscia. Solo venti giorni fa la premier filoeuropea Natalia Gavrilita, incapace di gestire le tensioni, si era dimessa. Gli analisti occidentali considerano da tempo probabile che Putin tenti di impadronirsi della piccola Repubblica, che è di lingua e cultura rumene: ma basta guardare una mappa per comprendere che questa mossa, se riuscisse, porterebbe alla nascita di una enclave russa tra due Paesi filo occidentali, e finirebbe col provocare un intervento militare di Mosca anche dall'esterno, con il marcato rischio di escalation ai confini Nato, in questo caso della Romania.
Dopo l'allarme sul possibile attacco di Mosca alla Moldavia, lanciato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky e confermato dalla presidente europeista moldava Maia Sandu, i recenti avvenimenti aumentano il
rischio di un nuovo scontro. Pochi giorni fa, a conferma delle preoccupazioni, la compagnia aerea ungherese Wizz aveva annunciato la sospensione dei voli da e per la Moldavia, citando insufficienti condizioni di sicurezza.
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