Morsa su Severodonetsk: qui si decide il conflitto. Zelensky valuta la ritirata

La guerra in Ucraina ha lentamente assunto un'altra forma. Molto più simile al Secondo conflitto mondiale che alle guerre contemporanee viste sin qui

Morsa su Severodonetsk: qui si decide il conflitto. Zelensky valuta la ritirata

La guerra in Ucraina ha lentamente assunto un'altra forma. Molto più simile al Secondo conflitto mondiale che alle guerre contemporanee viste sin qui. La componente tecnologica ovviamente resta molto elevata. Ma l'esercito russo - vista l'impossibilità, o quantomeno il prezzo altissimo, di ogni tentativo di penetrazione manovrata contro gli ucraini - ha ormai optato per una serie di azioni limitate. Su direttrici precise e sempre accompagnate da una fortissima concentrazione di artiglieria, l'unico settore in cui sin qui è riuscito a far pesare veramente la sua superiorità. E quello che sta accadendo a Severodonetsk che potrebbe diventare un punto di svolta del conflitto. Sono dieci giorni che la città viene martellata con cannoni e razzi. Le avanguardie russe sono già penetrate tra le case l'altroieri. I primi nuclei di incursione composti da Spetsnaz sono riusciti a sfondare da due direttive tagliando in due l'abitato. Non è facile fare il punto in una città dove si combatte casa per casa, ma certo una parte consistente di Severodonetsk è nelle mani degli attaccanti - la notizia è confermata da entrambi gli schieramenti - forse il 90%. Gli ucraini hanno poi problemi di rifornimento, Severodonetsk è lambita dal fiume Severskij Donec, con un unico ponte ancora in funzione ma esposto a un feroce tiro di interdizione. Non bastasse è circondata da fabbriche chimiche e pare che un serbatoio di acido nitrico sia stato colpito dai tiri russi con gravissimi rischi anche per i 12mila civili rimasti.

Questa situazione pone un grande dilemma ai comandi ucraini. Possono abbandonare la città e riorganizzarsi al di là del fiume. Tatticamente la mossa porterebbe solo vantaggi. Attraversato il fiume c'è subito Lysychansk, che è decisamente meglio difendibile, proprio sfruttando il corso d'acqua. Kiev, per giunta, sta ricevendo quantità enormi di nuove armi dai Paesi occidentali. L'equivalente di tre brigate con tank, blindati e semoventi saranno pronte entro un mese. Secondo il Wall Street Journal l'amministrazione Biden avrebbe tagliato il nodo gordiano dei lanciatori multipli. Sarebbe intenzionata a inviare in Ucraina sistemi dotati di missili guidati con una gittata di poco più di 60 km. Si tratterebbe di installazioni M31 GMLRS, il cui raggio di tiro può raggiungere, in teoria, i 500 km. Ma il munizionamento a corto raggio fornito agli ucraini non si presterebbe ad attaccare il territorio russo, evitando di provocare Mosca. Fornirebbe però all'esercito di Kiev una devastante capacità di controbatteria sugli obici e sui lanciatori russi.

Ma scelte attendiste, pensate per consentire di schierare tutto l'armamento al meglio (esiste anche il problema logistico di gestire attrezzature fornite da diversi Paesi), hanno controindicazioni politiche. Il governo Zelensky teme il valore propagandistico della caduta di Severodonetsk, restituirebbe alle repubbliche secessioniste di Lugansk e Donetsk la quasi totalità dei territori che rivendicano. Un duro colpo morale per gli ucraini, che hanno sempre parlato di integrità.

Sarebbe, guardando l'altro lato del fronte, un risultato che il Cremlino potrebbe ascriversi. Utilizzarlo sul fronte interno per giustificare il fatto di iniziare delle trattative serie. Perché al netto della logistica migliorata e della nuova strategia Mosca sembra avere messo in gioco le ultime riserve disponibili, almeno se parliamo di truppe con vera capacità operativa. E le sanzioni, alla lunga, iniziano a far sentire il loro effetto: se sostenere il rublo è stato possibile, la Borsa di Mosca è in continua sofferenza. E ancor di più lo è l'economia reale, con dinamiche che rischiano di diventare ingovernabili. Giusto per fare qualche esempio: Sovcomflot, principale compagnia di trasporto marittimo in Russia e controllata all'82% dal governo è gravata di debiti, a causa del ridimensionamento delle esportazioni petrolifere. Rischia di dover vendere un terzo delle navi. Aeroflot, la compagnia di bandiera ha carenza di componenti, sarà costretta a cannibalizzare alcuni dei suoi aerei nei prossimi tre mesi. La logica porterebbe quindi a trattare, ma bisognerà poi convincere i russi che hanno sopportato morti e sacrifici per un risultato accettabile (che difficilmente sembrerà una vittoria).

In questi equilibri delicati la situazione al fronte può evolvere rapidamente e imprevedibilmente.

Magari nella pace, magari in un logorio continuo che rischia, causa il blocco all'esportazione di grano, di affamare il mondo. Anche per questo Zelensky sarebbe pronto ad accettare, secondo siti ucraini, l'iniziativa di Erdogan di un incontro a Istanbul con l'Onu e Putin. Anche se al momento è solo «un consenso di principio».

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