“Laddove dovesse essere necessario, saranno inviati altre armi all'Ucraina nel rispetto del decreto approvato dal Parlamento”. Nel giorno dell'intervento del presidente Volodymyr Zelensky alla Camera, il sottosegretario al ministero della Difesa Giorgio Mulè, intervistato da ilGiornale.it, ribadisce il sostegno dell'Italia all'Ucraina.
Sottosegretario, mi conferma che la lista di armi inviate in Ucraina è quella uscita sui media, in questi giorni?
“Assolutamente no. Qualsiasi parola di conferma o di smentita darebbe la stura alla violazione di un provvedimento che è coperto dal segreto di Stato. Oltretutto c’è una considerazione pratica: rivelare il tipo di armamenti che abbiamo inviato significa fare un favore al Paese che ha aggredito l’Ucraina. Dal punto di vista di politica interna non cambia nulla perché quella lista è stata portata all’attenzione del Parlamento attraverso l’audizione del ministro Guerini al Copasir che ha segretato il verbale. Il Parlamento, quindi, ne è stato edotto. Al cittadino comune non cambia nulla sapere se abbiamo inviato uno Stinger oppure un Meteor. È solo una curiosità giornalistica che non intendo avvallare”.
Il governo Draghi sembra orientato a innalzare la spesa militare dell’Italia sino al 2%. Cosa pensa dei malumori che vi sono dentro i Cinquestelle intorno a questo tema?
“La parte politica che io rappresento è convintamente schierata non per una corsa alle armi, ma per un adeguamento del nostro sistema di difesa che deve obbedire a un progresso tecnologico che trova nell’aumento del budget per la Difesa la sua naturale evoluzione. Aumento che va di pari passo con i programmi della Nato e dell’Ue nella direzione di armonizzare i sistemi di difesa. Se, poi, qualcuno come i Cinquestelle prima firma e poi si fa venire i mal di pancia, sono problemi suoi. Quell’ordine del giorno è stato firmato sia dal presidente della Commissione Difesa del M5S sia dal capogruppo dei pentastellati in commissione. Ho letto anche io le dichiarazioni successive di Conte e ritengo che appartengano a quei mal di pancia che spesso troviamo. Bisogna essere coerenti nella vita. Noi come governo dobbiamo dare seguito a un atto parlamentare, poi ognuno dentro i partiti fa il suo gioco”.
Anche la Germania, per la prima volta, ha iniziato a riamarsi. Che segnale è questo?
“Non è corretto parlare di riarmo. La Germania, al pari dell’Italia, ha la necessità di rivedere alcuni dei temi che ormai sono vetusti. Si pensi soltanto alla nostra artiglieria pesante, ai cingolati e all’evoluzione che deve esserci nello spazio, nei droni e nei satelliti. L’aumento di spesa, quindi, corrisponde a un investimento maggiore in attività che saranno utili anche alla parte civile. Si pensi, per esempio, all’elicottero Fvl (Future vertical lift) che ha una propulsione di 600 km/orari che sarà utilizzo ai trasporti della Protezione Civile o nel caso di calamità. Ricordo, poi, che se in Africa non sei presente con l’esercito viene meno anche la capacità di incidere politicamente e sulle migrazioni si rischia di subire quello che altre potenze (Turchia, Russia o Cina) determinano essendo presenti in maniera più massiccia. Ecco, dunque, che l’aumento delle spese militari serve per metterci al pari delle altre potenze e di poter dire la nostra in teatri come l’Africa”.
I Paesi Ue hanno preso delle scelte tempestive per quanto riguarda l’invio di armi all’Ucraina. È il presupposto alla nascita di una difesa comune europea?
“No, è un’attività conseguente rispetto a un impegno internazionale. La difesa comune europea è nata con la bussola strategica varata dai 27 Paesi europei che prevede da qui al 2030 degli impegni precisi e cogenti, soprattutto concentrati nel 2025. Il primo di questi è la nascita di un battaglione di 5mila uomini. L’invio di armi all’Ucraina risponde a un dovere di civiltà e di assistenza a un Paese che è stato aggredito e al quale oltre 30 Paesi hanno mandato delle armi”.
Qual è lo stato di salute dell’esercito italiano?
“Noi abbiamo delle forze armate che, in alcuni casi, sono al passo con i tempi. Penso all’aereonautica che, ora, però deve affrontare la sfida del caccia di terza generazione, il Tempest. Abbiamo una parte della marina militare che necessita di essere ammodernata e l’esigenza di ripensare al parco dei cingolati, cioè quello dei carri armati leggeri e pesanti che bisogna rinvigorire con l’ingresso di nuove macchine. Detto questo, la professionalità delle forze armate italiane, però, è riconosciuta un’eccellenza non solo dalla Nato ma anche a livello internazionale”.
Quali sono le particolarità dei droni italiani?
“Hanno la capacità di essere tecnologicamente molto avanzati, con un’autonomia molto lunga, anche a pieno carico e, quindi, sono garanzia di sicurezza. I droni armati, al momento, non sono previsti.
È necessaria un’autorizzazione del Parlamento ed io ritengo che sia necessario armarli laddove il drone, per esempio, sia schierato a protezione di un convoglio che deve consegnare degli aiuti e che rischia di essere attaccato”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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