Navalny: "Respiro da solo. E tornerò in Russia a lottare"

Foto social 26 giorni dopo il coma per l'avvelenamento. Il Cremlino (senza nominarlo): "È libero di rientrare"

Navalny: "Respiro da solo. E tornerò in Russia a lottare"

«Ciao, sono Navalny. Mi mancate. Ancora non riesco a fare quasi nulla, ma ieri sono riuscito a respirare tutto il giorno da solo, senza alcun aiuto esterno, nemmeno quello di un ventilatore». Ventisei giorni dopo essere finito in coma in seguito ad avvelenamento con un agente nervino del tipo novichok, come stabilito dalle analisi effettuate in Germania dove è ricoverato, il capo dell'opposizione russa ha ristabilito i contatti social con i suoi sostenitori. E non solo ha mandato loro una sua foto in compagnia della moglie e dei due figli, ma ha soprattutto fatto una promessa che non è rivolta solo a chi lo apprezza: tornerò in Russia e riprenderò il mio impegno politico.

La notizia che Aleksei Navalny non ha intenzione di subire un involontario esilio in Occidente, diffusa dal New York Times e confermata dalla sua portavoce Kira Yarmish, è stata oggetto di una domanda posta da un giornalista a Dmitry Peshkov, il portavoce del Cremlino. La risposta è stata degna di un film di spionaggio. Fedele alla consegna imposta dal presidente Putin di non nominare mai Navalny per non concedergli in alcun modo lo status di concorrente politico riconosciuto, Peshkov ha detto che «qualsiasi cittadino della Federazione russa è libero di lasciare il Paese e di farvi ritorno». E poi ha aggiunto testualmente: «Se le condizioni del cittadino della Federazione russa migliorano, allora ovviamente tutti ne saranno contenti».

Le parole di Peshkov la stessa persona che quando si diffuse la notizia che Navalny era in coma gli fece gli auguri in conferenza stampa senza nominarlo - non vanno prese alla lettera. Vladimir Putin, in realtà, preferirebbe di gran lunga che Navalny imparasse la lezione e non si facesse mai più rivedere in Russia, ma il tipo è tosto e la terza aggressione subita in pochi anni con agenti chimici non lo ha intimidito più delle due precedenti. Oltretutto, se Putin davvero fosse contento dell'annunciato ritorno in patria del suo avversario potrebbe cogliere l'occasione per spendere personalmente due parole di chiarificazione, se non di bentornato. Ma la Russia non è una normale democrazia, e l'uomo che osa sfidare il presidente che ha cambiato la Costituzione per restare al potere altri 16 anni non è «persona grata» e di lui non si deve parlare. Lo dimostra il fatto che la linea ufficiale del Cremlino a proposito dell'avvelenamento subito da Navalny continua a essere quella della pura e semplice negazione di ogni responsabilità.

Ieri il presidente della Duma (il Parlamento russo) Viaceslav Volodin, esponente del partito putiniano Russia Unita, è stato chiarissimo. Ha definito «tutto ciò che è in discussione riguardo a Navalny una provocazione delle potenze occidentali e degli Stati Uniti».

In altre parole, nessun dubbio sul fatto che Germania e Francia stiano mentendo deliberatamente quando affermano che le prove dell'uso di novichok ai danni di Navalny sono incontrovertibili: tutte bugie, e quindi evidentemente - il capo dell'opposizione russa è stato in coma tre settimane per essersi dimenticato di far colazione prima di salire sull'aereo a Tomsk il 20 agosto, come hanno sostenuto i medici dell'ospedale di Omsk in Siberia dove era stato ricoverato prima di esser lasciato partire per Berlino in aeroambulanza. Secondo Volodin, lo scopo del complotto occidentale che userebbe Navalny come pedina contro Putin sarebbe quello di «fermare lo sviluppo della Russia attraverso l'imposizione di sanzioni: ma il gioco non funzionerà».

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