Per la nave no global Casarini finisce indagato

L'accusa: favoreggiamento dell'immigrazione. Lucano a processo: associazione a delinquere

Chiara Giannini

Favoreggiamento all'immigrazione clandestina e ordine disatteso di spegnere i motori all'alt della Guardia di Finanza: sono queste le accuse che la Procura di Agrigento muove nei confronti di Luca Casarini, capo missione della nave della Ong Mediterranea e noto attivista no global. Sono stati il procuratore aggiunto Salvatore Vella e il pubblico ministero Cecilia Baravelli a iscrivere ieri anche lui nel registro degli indagati dopo il comandante della Mare Jonio, Pietro Marrone. L'imbarcazione, infatti, non obbedì agli ordini della Guardia costiera libica, che non aveva autorizzato, nella sua area Sar, al recupero migranti. Una volta raggiunto il limite delle acque nazionali italiane, il natante fu intercettato dalle motovedette della Guardia di finanza, che intimò all'equipaggio di fermare i motori. L'ordine non fu rispettato e la Mar Jonio procedette verso Lampedusa. Subito dopo la Guardia costiera italiana impose l'ancoraggio fuori dal porto, dove i finanzieri hanno avuto la possibilità di salire a bordo. Vista la nuova direttiva del Viminale volta al contrasto dell'immigrazione clandestina, la Ong è accusata di non aver rispettato le leggi italiane, in particolare l'articolo 1099 del codice della navigazione, che indica il reato di «rifiuto di obbedienza a nave militare». Casarini sarà ascoltato dai magistrati la prossima settimana.

Non è vita facile neanche per il paladino dell'accoglienza Domenico Lucano per il quale la Procura di Locri ha chiesto il rinvio a giudizio. Il sindaco già sospeso della cittadina calabrese, che è anche sottoposto a provvedimento di divieto di dimora nel comune della Locride, andrà quindi a udienza preliminare, il prossimo primo aprile di fronte al gup Amelia Monteleone, insieme ad altri 29 indagati nell'operazione Xenia, condotta dalla Guardia di finanza.

Per tutti l'accusa, a vario titolo, è di associazione per delinquere e abuso d'ufficio. Si contesta «l'esercizio della funzione pubblica degli uffici del Ministero dell'Interno e della Prefettura di Reggio Calabria, preposti alla gestione dell'accoglienza dei rifugiati nell'ambito dei progetti Sprar, Cas e Msna e per l'affidamento dei progetti da esplicare nell'ambito del Comune di Riace». Ma Lucano, nello specifico, avrebbe procurato «un ingiusto vantaggio patrimoniale, pari a 2.300,615 euro» ad alcune associazioni che si occupavano dell'accoglienza.

Nelle certe del Tribunale di Locri, con cui si fissa l'udienza preliminare, si legge che Lucano «promuoveva e orientava definendo le linee operative delle associazioni cooperative, controllando di fatto l'associazione Città futura, curando i rapporti con le istituzioni e con i dirigenti della Prefettura di Reggio Calabria al fine di individuare gli strumenti necessari a interferire sulla regolarità degli affidamenti e dei relativi pagamenti». Il sindaco viene definito nei documenti della Procura «principale promotore degli illeciti». Con lui operavano i rappresentanti legali delle varie associazioni i quali «garantivano le attività strumentali alla vita stessa del sodalizio criminoso e consentivano, ciascuno per la propria associazione il funzionamento e la realizzazione del progetto criminoso».

È probabile che in questa fase sia il Ministero che la Prefettura si costituiscano parte civile.

Va meglio, invece, alla compagna etiope di Lucano, Tesfahun Lemlem, per la quale la Cassazione ha accolto il ricorso presentato dai suoi legali concedendo alla donna la revoca dell'obbligo di firma.

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