Neanche negli anni di piombo così tanti attacchi ai tribunali

Neanche negli anni di piombo così tanti attacchi ai tribunali

Neppure i terroristi, negli anni di piombo, osavano tanto: attaccare i tribunali. Ma non è la prima volta che gli spari rimbombano in un'aula di giustizia italiana, lordandola di sangue. E quanto accaduto a Milano, se da un lato toglie ogni alibi a chi, come il Guardasigilli Andrea Orlando, annuncia la solita inchiesta per capire cosa non abbia funzionato nei sistemi di sicurezza, dall'altro sbatte l'Italia nel gruppone dei Paesi a democrazia limitata, dove seminare morte nei templi laici della legge è pratica quotidiana. Per dire: appena ieri, in Afghanistan, i talebani hanno fatto irruzione nel tribunale di Mazar-i-Sharif, facendosi largo con le granate: 5 morti e 30 feriti. Il primo aprile aveva fatto il giro del mondo la foto - pistola alla tempia – del procuratore Mehmet Selim Kiraz, preso in ostaggio nel tribunale turco di Caglayan da un gruppo di estrema sinistra e rimasto ucciso, insieme ai sequestratori, nel blitz delle forze speciali. E senza andare troppo indietro nel tempo, nell'ottobre del 2013 aveva fatto scalpore, in Brasile, l'assalto a un tribunale di Rio de Janeiro, quando durante un'udienza un commando aveva ingaggiato una sparatoria con la polizia per liberare il narcotrafficante Alexandre Bandeira de Melo, falciando un bimbo di 8 anni che giocava all'esterno dell'edificio. Afghanistan, Turchia, Brasile. E l'Italia. Che per le minacce dell'Isis dovrebbe trovarsi in stato di massima allerta sul fronte della sicurezza.

«È successo qualcosa di gravissimo e inaccettabile, che non doveva succedere», ha detto il ministro dell'interno Angelino Alfano. Invece, era già avvenuto. Si è semplicemente ripetuto. È quasi preistoria il tiro al bersaglio (mancato) dalla gabbia degli imputati di Nuccio Miano: era il 1987 e davanti alla Corte d'Assise meneghina si celebrava il processo Epaminonda. Nel 1994, sempre a Milano, una bomba da addestramento inerte fece la sua comparsa durante il processo Cusani. Nel 2002 arrivano i lutti: a Varese il carabiniere in pensione Rosolino D'Aiello, nel bel mezzo della discussione su separazione e assegni di mantenimento, fredda a colpi di pistola la moglie Cosima Damiano. Agli ingressi del tribunale varesino il metal detector c'era, e funzionava. Ma in guardiola non c'era nessuno e D'Aiello era potuto entrare tranquillamente.

Il 17 ottobre del 2007 il copione si ripete a Reggio Emilia: un albanese quarantenne, Clarim Fejzo, impegnato in una causa di divorzio, estrae davanti agli occhi delle due figlie una calibro 7.

65 per scaricarla sulla moglie Vjosa e sul fratello, ammazzandoli prima d'essere a sua volta ucciso da un poliziotto. All'ingresso non aveva incontrato ostacoli. Quelli che, 8 anni dopo, non ha trovato neanche Claudio Giardiello. E tutti a chiedersi come sia stato possibile. Ancora.

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