Nicolò morto per overdose da hashish: indagato il papà

L'uomo accusato di omicidio colposo. Lui e la moglie si sono rifiutati di fare l'esame tossicologico

Nicolò morto per overdose da hashish: indagato il papà

«Eravamo insieme al parco pubblico sotto casa a mezzogiorno, prima di pranzo, e ha ingerito una strana sostanza. Me ne sono accorto subito e gli ho tolto subito dalla bocca quel boccone di terriccio».

A quelle parole i militari del comando provinciale di Belluno non avevano creduto nemmeno un minuto e ieri è arrivata la conferma che Nicolò Feltrin, il bambino di due anni di Longarone morto nella serata del 28 luglio in ospedale a Pieve di Cadore, è deceduto a causa di un'overdose da hashish.

Il padre, che aveva cercato di sviare le indagini, è ora indagato per omicidio colposo. Gli esami tossicologici sui materiali biologici prelevati nel corso dell'autopsia sul corpo del piccolo confermano tra l'altro che Nicolò aveva familiarità non solo con quella droga, ma anche con altre. L'hashish però lo ha avvelenato e ucciso. Nella casa di Longarone (Belluno), dove abitava con mamma e papà, di stupefacenti ce n'erano. E parecchi, dal momento che le analisi dei capelli della vittima evidenziano tracce di cocaina ed eroina, segno che Nicolò nella sua breve vita era entrato in contatto con quelle sostanze.

L'anticipazione dell'autopsia svolta dal medico legale Antonello Cirnelli, nominato dalla procura, è agghiacciante e inchioda l'uomo alle sue responsabilità, anche se bisognerà attendere gli altri accertamenti sul materiale sequestrato nell'abitazione della coppia, affidati invece alla dottoressa Donata Favretto.

Diego Feltrin, boscaiolo di 43 anni, alla luce delle nuove evidenze, è stato invitato dai carabinieri a sottoporsi al test del capello, che avrebbe probabilmente collegato la sostanza ingerita dal bambino a quella consumata dal padre. Ma si è presentato al laboratorio completamente glabro. Se da un lato è stato impossibile quindi per gli esperti prelevare peli e capelli utili alle indagini, dall'altro questo comportamento non fa che addensare le ombre su di lui. Il pomeriggio di quel 28 luglio il bambino era affidato a lui, mentre la mamma era al lavoro. Ma ci sono altre novità che emergono dalle indagini. Alla luce del risultato dell'autopsia, il padre del bambino è stato invitato dai carabinieri a sottoporsi al test del capello, ma pare che l'uomo si sia presentato al laboratorio completamente glabro, in questo modo è stato impossibile per gli addetti prelevare peli e capelli utili alle indagini.

Anche la moglie, che non risulta però indagata, è stata invitata a sottoporsi alle analisi, ma si è rifiutata. La sera del 28 luglio l'indagato arrivò all'ospedale di Pieve di Cadore con il figlio in braccio, raccontando che si era addormentato dopo pranzo, per il solito pisolino, ma non si era svegliato più. Aveva il battito rallentato e poco dopo il cuore si era fermato. I medici si erano accorti subito, però, che non si trovavano di fronte a una morte per cause naturali e avevano chiamato i carabinieri. I militari avevano effettuato indagini e sopralluoghi nel parco a caccia di qualche sostanza velenosa. Ma la storia era ben diversa.

Nell'appartamento in cui la coppia abitava hanno trovato un panetto di hashish in una tazza sul comodino del bambino. Ed è stato tutto chiaro. Ieri i carabinieri hanno avuto problemi a mettersi in contatto con Feltrin e la moglie. Sembrerebbe che i due si siano trasferiti da amici.

«Per loro è troppo doloroso rimanere in quella casa dove hanno cresciuto il loro bambino che non c'è più - ha spiegato l'avvocato della coppia - se qualcuno vuole parlare con loro io sono qui a disposizione, chiunque può mettersi in contatto con me».

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