«L'informazione di garanzia è un istituto che va rivisto: ha cambiato nome mille volte, ma da strumento di garanzia si è trasformato in condanna mediatica anticipata». In un'intervista al Messaggero il ministro della Giustizia Carlo Nordio prova a violare un altro tabù per provare a demolire il cortocircuito mediatico giudiziario. Il Guardasigilli avverte perl che questa rivoluzione garantista che ha in mente «si potrà fare solo con una revisione organica del codice di procedura penale».
Da Mani pulite in avanti, l'iscrizione del registro degli indagati è diventata un'anticipazione di condanna, altro che misura a tutela delle persone oggetto di indagini: «Dovrebbe restare segretissimo e invece si è trasformato in un'automatica fonte di delegittimazione di una persona che non è nemmeno imputata», dice Nordio. La riforma dell'avviso di garanzia viaggia di pari passo con altre due direttrici: l'annunciata battaglia sull'abuso della custodia cautelare e lo stop alla fuga di notizie legate alle intercettazioni. Dopo le polemiche dei giorni scorsi - con la magistratura che ha già alzato le barricate - Nordio ha già chiarito che non vuole eliminare uno strumento utile per le indagini riguardo ai reati più gravi, ma deve servire per ricercare la prova, non come prova un sé. «Sono utili e talvolta indispensabili per i reati di grave allarme sociale», ribadisce il titolare di via Arenula ma è «incivile che spendiamo per loro duecento milioni l'anno mentre stentiamo a trovare i soldi per pagare il sostegno psicologico ai detenuti a rischio di suicidio». E questo si spiega «perché non ci sono più risorse umane per fare bene le indagini, e ci si affida a questo strumento quasi automatico che alla fine qualcosa ti fa trovare».
Quanto alle critiche ricevute dall'opposizione e da una parte della magistratura, di cui Nordio è stato autorevole rappresentante fino a qualche mese fa, il Guardasigilli fa spallucce, dicendo che se le aspettava sia dalla politica (perché la riforma che propone «tocca quei santuari ideologici ritenuti fino ad ora intangibili»), che dai suoi ex colleghi magistrati. Ma anche loro, ribatte, «dovevano aspettarsi le cose che ho detto, perché le scrivo da 25 anni». Per portare a compimento il progetto il cammino è lungo. E infatti, ribadisce, ora occorre incidere in primo luogo sull'economia: «La riforma Cartabia - dice il ministro - andava nella giusta direzione, noi spingeremo l'acceleratore. Implementeremo gli uffici giudiziari con i fondi europei», e «procederemo ad una rivoluzione informatica». È per questo che a capo degli uffici direttivi servono magistrati con capacità manageriale. Intanto si apre la partita del Dap, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
Al posto di Carlo Renoldi, scelto dall'ex ministro della Giustizia Marta Cartabia - data in corsa per la vicepresidenza del Csm, con l'ok del Colle - ci sarebbe Giovanni Russo, procuratore nazionale Antimafia aggiunto fratello dell'ex parlamentare azzurro Paolo. Ma il posto piace anche al procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri. La decisione a giorni.
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