"La nostra sfida epocale: nuove leggi, imprese agili e uno Stato super veloce"

Il rettore del Politecnico di Milano: "Ogni settore deve aggiornare i propri standard, 5G decisivo"

"La nostra sfida epocale: nuove leggi, imprese agili e uno Stato super veloce"

La miglior università italiana. La Qs World University Rankings premia il Politecnico di Milano e consolida la sua reputazione internazionale.

«Non mi monto la testa - spiega il rettore Ferruccio Resta - anche perché c'è ancora molto da fare, ma qualche elemento di riflessione positivo arriva certamente da questa classifica».

Per il Politecnico?

«Sette anni fa abbiamo preso la decisione di giocarcela con i grandi atenei, a cominciare da quelli anglosassoni che occupano tutte le posizioni di testa».

E come è andata?

«È un processo virtuoso di avvicinamento alla testa della graduatoria che tiene conto di molti parametri. Noi in questi sette anni abbiamo recuperato quasi cento posizioni e ora siamo al centrotrentasettesimo gradino della classifica. Tenga presenta che vengono esaminate diecimila università e le prime mille vengono classificate. Ma al di là dei numeri, la reputazione dei nostri laureati cresce e viene consacrata ovunque. In definitiva, le nostre facoltà di architettura, design e ingegneria sono fra le migliori al mondo».

E il sistema universitario nel suo complesso come esce da questa competizione?

«Bene. Meglio di quello che spesso si sente dire in giro. Ci sono criticità, ad esempio un numero troppo basso di docenti rispetto agli studenti, ma la qualità media dei laureati italiani è buona».

La scuola è stata travolta dal lockdown. L'istruzione superiore?

«Dopo due o tre settimane di rodaggio, tutto il sistema di insegnamento si è trasferito in digitale».

Ce l'avete fatta?

«Si. La didattica on line ha coinvolto una platea di un milione e seicentomila ragazzi. Direi con orgoglio il cento per cento degli studenti. Certo, parliamo di giovani evoluti, indipendenti, più grandi e maturi rispetto ai loro colleghi delle superiori o delle medie. Però il passaggio al digitale è riuscito».

Adesso? Si torna indietro?

« La società è cambiata. Mutano i comportamenti e quindi anche le esigenze».

In pratica, che cosa accadrà nel prossimo semestre?

«Dobbiamo cogliere il meglio del nuovo che ci è arrivato addosso senza bussare, ma non dobbiamo buttare via la didattica tradizionale».

In concreto?

«L'autunno sarà postemergenziale. Dobbiamo tenere d'occhio il virus, ma intanto cercheremo di attrezzarci per rendere complementari la didattica on line e quella fisica, in presenza».

Ma come bilanciarle?

«Abbiamo davanti una grande opportunità che non possiamo sprecare. Se c'è una lezione con un mero trasferimento di nozioni, si puó procedere in collegamento. Ma poi noi sappiamo che il bello dell'università è il dialogo, l'interazione, le domande. In questo caso il vecchio è insostituibile, come lo sono le relazioni sociali».

Vale al Politecnico, vale nella società.

«Noi dobbiamo governare questo processo e utilizzare le risorse che ci danno le nuove tecnologie senza idolatrarle».

Prendiamo lo smart working.

«Appunto. Ci suggerisce un nuovo approccio in cui non contano più solo le ore lavorate, ma gli obiettivi».

Affascinante. Una sfida epocale?

«Una spinta che ci costringe a ripensare i modelli organizzativi, gli spazi - pensi alla scrivania - le leggi. Pensi alle ricadute per il mondo delle imprese, per la pubblica amministrazione, per la giustizia. Pensi a come questo modello più agile, smart puó entrare nei meccanismi talvolta contorti o barocchi della nostra burocrazia, del nostro sistema normativo, appesantito da lacci e orpelli. Pensi alla velocità di esecuzione, uno dei parametri chiave per il nostro futuro e pensi ancora al rapporto pubblico privato che nel nostro Paese non sempre è pacifico».

Insomma, ci attende una stagione di grandi speranze?

«Siamo stati toccati nel profondo, nell'intimo da quel che è accaduto in questi mesi così difficili. Ora dobbiamo consolidare il cambiamento, ma senza la smania o l'ossessione del nuovo. L'uomo resta un animale sociale e le relazioni sono fondamentali per vivere e crescere. Peró abbiamo davanti una grande occasione per ridisegnare, comparto per comparto, la nostra società».

La priorità?

«Ogni settore deve riflettere per aggiornare i propri standard al tempo presente che non puó più essere come il precedente. E, in conclusione, mi lasci dire che dobbiamo investire sull'infrastruttura digitale».

Il 5 G?

«Sì.

Il 5 G offre applicazioni strepitose che possono migliorare la qualità della nostra vita e liberare una parte del nostro tempo. Dalle operazioni chirurgiche a distanza alla possibilità di visitare un monumento dall'altra parte del mondo. L'Italia non puó perdere questa sfida: il lockdown ci costringe ad entrare nel futuro».

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