Il nuovo fronte dell'escalation: il Cremlino vuole tutta la posta (e arresta due suoi 007). Lo spettro della Bielorussia

I timori dei Paesi dell'Est Ue, Mosca oltre i territori russofoni. La Cia: "Putin non ha vie d'uscita". Kiev: "Minsk pronta a invaderci". Errori e lentezza: puniti i capi dei servizi

Il nuovo fronte dell'escalation: il Cremlino vuole tutta la posta (e arresta due suoi 007). Lo spettro della Bielorussia

Escalation: la parola incombe da giorni sulla guerra ucraina. Negli anni Sessanta e Settanta, in tempi di Guerra Fredda, era un termine quasi familiare e spesso dibattuto, ma sempre rimasto nel mondo delle elaborazioni teoriche. La giornata di ieri ha dato al tema un'inquietante concretezza. Le autorità di Kiev avevano reso noto di aspettarsi un attacco delle truppe bielorusse per le 21 di ieri sera, denunciando un raid provocatorio degli aerei di Lukhashenko sul territorio dell'Ucraina. Per la prima volta sono state bombardate due città nell'Ovest del Paese, Lutsk e Ivano-Frankivsk. I russi hanno annunciato di avere messo fuori uso in entrambi i casi gli aeroporti. Intanto è continuato il lento strangolamento delle città assediate dagli invasori: Kiev, Mariupol, Kharkiv, Chernihiv. La presa di Mosca sembra stringersi con inesorabile determinazione.

Gli obiettivi bombardati nell'Ovest sono a non più di un paio d'ore di macchina dai confini con tre Paesi della Nato: Polonia, Slovacchia, Ungheria. Un intervento della Bielorussia (paventato ieri anche nel vertice europeo di Versailles) porterebbe in prima linea, e anzi in una situazione di quasi accerchiamento, anche Lituania, Lettonia ed Estonia. È questo a far aumentare i rischi di un ampliamento dell'intensità e della portata del conflitto. Può darsi che i raid di ieri su Lutsk e Ivano-Frankivsk avessero solo l'obiettivo tattico di scompaginare le retrovie dell'avversario, rendendo più difficili i rifornimenti, compresi quelli di armi. Ma può anche darsi che Putin abbia deciso di fare quello che in fin dei conti ha detto esplicitamente a Macron: prendersi tutta l'Ucraina.

Una guerra totale condotta lungo i confini della Nato (e dell'Unione Europea), una partecipazione diretta delle truppe bielorusse, non potrebbe che aumentare il nervosismo dei Paesi che si trovano sulla frontiera orientale dell'alleanza. Le possibilità di un errore, di uno sconfinamento in grado di innescare una spirale di reazioni e contro-reazioni, aumenterebbero di conseguenza. Consola un poco (ma appena un poco) il fatto che in tanta confusa aggressività Washington e Mosca abbiano deciso di istituire una linea diretta di «prevenzione del conflitto», gestita direttamente dai Ministeri della Difesa e si spera in grado di «depotenziare» la pericolosità di un eventuale malinteso.

Un ampliamento del conflitto finirebbe per mettere ancora più in luce quello che l'invasione dell'Ucraina è diventata: una lotta oramai esistenziale. In gioco c'è la sopravvivenza di Putin stesso. Si è gettato nella mischia mostrando di aver capito poco o nulla della situazione in cui andava a cacciarsi e secondo William Burns, numero uno della Cia, ormai «non ha una via d'uscita praticabile dalla guerra. Sta cercando di guadagnare tempo con delle finte trattative». Al Cremlino è già iniziata la resa dei conti per gli errori compiuti nella campagna d'Ucraina. Indiscrezioni attendibili riferiscono che due alti ufficiali del Fsb, l'ex Kgb, sono stati messi nei giorni scorsi agli arresti domiciliari: Sergei Beseda, numero uno del dipartimento estero del servizio di sicurezza e il suo vice. I due sarebbero stati messi sotto accusa dallo stesso Putin.

Un portavoce della Casa Bianca ha aggiunto che la sua strategia è stata fino ad ora quella di rifiutare le vie d'uscita che gli sono state offerte puntando sull'escalation. Per questo oggi la parola fa più paura che in passato.

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